L’eredità etrusca nel Novecento: un dialogo tra storia e modernità

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L’eredità etrusca nel Novecento: un dialogo tra storia e modernità
Una delle opere esposte al Mart di Rovereto

Dal Mart di Rovereto alla Fondazione Luigi Rovati di Milano, una mostra per illustrare il fascino di un popolo antico.


Un incontro tra archeologia e arte moderna, tra passato e presente. È quello che promette Etruschi del Novecento, un progetto espositivo che coinvolge due prestigiosi istituti italiani: il Mart di Rovereto e la Fondazione Luigi Rovati di Milano. La mostra, suddivisa in due tappe complementari, sarà inaugurata domani, 7 dicembre 2024, a Rovereto e proseguirà a Milano dal 2 aprile prossimo fino al 3 agosto, con una prospettiva articolata sulla riscoperta dell’antica civiltà italica e sulla sua influenza nel panorama artistico del secolo scorso.

Il fascino esercitato dagli Etruschi sull’immaginario del Novecento è profondo e stratificato. Lungi dall’essere mero oggetto di interesse accademico, il mondo etrusco si è intrecciato con le correnti estetiche del XX secolo, trovando terreno fertile soprattutto tra gli artisti che cercavano un linguaggio alternativo alla classicità greco-romana. Gli Etruschi, con il loro stile “primitivo” e diretto, il sorriso enigmatico delle statue, i rituali legati alla vita e alla morte, sono diventati un simbolo di autenticità e mistero per un’epoca che guardava con nostalgia al passato e con ansia al futuro.

Non si tratta, tuttavia, di una semplice fascinazione immaginifica. Come sottolineano le curatrici Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Alessandra Tiddia e Giulio Paolucci, il progetto si fonda su solide basi documentarie. Gli artisti del Novecento non solo hanno guardato agli Etruschi come fonte d’ispirazione, ma spesso hanno studiato i reperti, visitato musei e siti archeologici, scritto saggi e disegnato opere ispirate a quel mondo lontano, che sentivano vicino.

La prima tappa, al Mart di Rovereto, proporrà un percorso tematico che mescola capolavori dell’arte moderna e reperti archeologici, con prestiti provenienti da istituzioni di primo piano come il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e il Musée Picasso di Parigi. Tra gli artisti esposti, nomi come Marino Marini, Pablo Picasso, Arturo Martini, Mario Schifano e Massimo Campigli testimoniano l’ampiezza dell’impatto etrusco sulla cultura visiva del secolo scorso.

La seconda tappa, alla Fondazione Luigi Rovati di Milano, approfondirà il dialogo con una selezione incentrata sugli artisti italiani, mettendo in luce opere inedite della collezione della Fondazione.

Etruschi nel Novecento va oltre la semplice esposizione di opere d’arte; accanto ai dipinti e alle sculture verranno presentati documenti, fotografie e oggetti che mostrano la continuità del tempo. La decisione di mettere l’arte visiva a confronto con le arti applicate e materiali tradizionali come la terracotta dipinta e il bucchero restituisce la complessità di un fenomeno culturale particolare. Il catalogo dell’esposizione curato da Johan & Levi presenta ulteriori stimoli grazie alla partecipazioni di specialisti come Matteo Ballarin, Fabio Belloni, Martina Corgnati, Alessandro Del Puppo, Maurizio Harari, Claudio Giorgione, Mauro Pratesi e Nico Stringa. Il passato è spesso percepito come una fuga dalla complessità del presente, Etruschi del Novecento ricorda che il dialogo tra le epoche può essere una fonte di ispirazione creativa. Non si tratta solo di guardare indietro, ma di riflettere su come le radici della nostra cultura continuino a influenzare la contemporaneità.

Come sottolinea Vittorio Sgarbi, presidente del Mart: «Il Novecento è percorso da una “febbre etrusca” che, lontana dal classicismo, abbraccia un’estetica espressionistica e senza tempo». E la partnership tra il Mart e la Fondazione Luigi Rovati rappresenta un caso di collaborazione tra entità culturalmente significative e insieme un’opportunità per indagare i legami tra mondi solo apparentemente separati. Un’occasione, insomma, per riscoprire il potere evocativo degli Etruschi e il loro ruolo nella costruzione della modernità.


Arturo Martini (1889-1947) Testa di Dicomana, 1921 Mart, Collezione privata, comodato a lungo termine

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Scomparsa il 12 ottobre scorso, allieva di Anna Maria Brizio e direttrice di Brera negli anni Ottanta, fu tra le prime a riconoscere nella fotografia un linguaggio artistico maturo. Tra mostre, riviste e didattica, costruì un pensiero critico fondato sul dialogo e sull’intelligenza delle immagini. L’eredità oggi vive anche nel lavoro del figlio Andrea Sirio Ortolani, gallerista e presidente Angamc.

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