2023-02-08
Ci mancava solo Mattarella a Sanremo
Il presidente sostituisce la presenza fisica di Volodymyr Zelensky e, insieme con il giullare ufficiale Roberto Benigni, chiude il cerchio: un teatrino per canzonette trasformato a colpi di grancassa nell’unica festività civile italiana. Prima o poi lo metteranno in Costituzione. Ma la trattativa Ariston-Quirinale fa infuriare il Cda della Rai: «Nessuno ci ha avvertiti». Sanremo è la nostra Mecca. Dopo giorni, settimane di sintomi preoccupanti, l’Italia da ieri ha perso conoscenza. È entrata in un tunnel, in una sedazione profonda o forse peggio, in una specie di coma para-canoro chiamato sindrome di Sanremo. Già nei giorni precedenti i tg della Rai avevano provveduto in modo massiccio a scimunire gli italiani con forti dosi di preparazione al Festival. Mezzo tg, soprattutto il tg Uno, è stato per giorni un’auto-marchetta a ripetizione, della Rai alla Rai, in lode e gloria di Sanremo. In ogni telegiornale, sbrigate le marchette politiche d’ufficio, si passa tre volte al dì all’auto-marchettificio di fiction, personaggi e prodotti della Casa, a partire da Sanremo. Interrotti da spot pubblicitari su Sanremo, pellegrinaggi commossi e invasati verso la Mecca della canzone, anticipazioni e soffiate a mezzo stampa, interviste, preghiere e novene in vista dell’evento. Poi dopo averne parlato per circa un anno, diciamo da un Sanremo all’altro, entriamo nella sala di rianimazione canora dove sono previsti cinque giorni di terapia intensiva. Il Festival quest’anno è stato preceduto da uno spot da guerra mondiale, che ha coinvolto l’Ucraina, la Russia e la Nato, Zelensky e Putin. Sanremo è la vetrina nazionale: ci andranno pure Cospito e Matteo Messina Denaro? Non c’è più spazio per altro, tutto vale meno di un Maneskin o di una Elodie sul palco, i retroscena di Sanremo devono interessarci più della politica, i melomani oscurano i meloni. Ci sono ormai cinque sei filoni ossessivi e obbligati dell’infotainment sui temi politically correct e sugli anniversari di cui corre obbligo parlare all’infinito; e poi c’è Sanremo. L’unica variazione ai programmi sono le morti sopraggiunte, con i cortei funebri, i lungometraggi in memoria di, in onore di; le esequie in diretta, applausi a bara aperta, la gente che per poco non chiede il bis al morto, necrologi interminabili e untuosi su tutte le reti. Ma l’unico evento pubblico e rituale che ormai surclassa il Natale e la Pasqua, le feste nazionali e le ricorrenze storiche, è Sanremo. È l’unica festività civile italiana che va in eurovisione o forse in mondovisione, non so bene, trasmessa pure dai cinesi coi loro palloni da spionaggio. Ed è una festa che dura ben cinque giorni, con cinquanta di preparazione intensa e trecento di elaborazione e ritiro. Il molesto Amadeus è diventato ormai il Presentatore Unico della nostra tv, erede universale di Pippo Baudo, che fu re d’Italia per un ventennio e più. Onnipresente, Amadeus ormai sostituisce il presidente della Repubblica nei messaggi alla nazione, interpreta pure Zelensky e nei ritagli di tempo funge da Papa. Forse è per questo, per rimpiazzare Zelensky e per non lasciare il posto ad Amadeus, che per la prima volta un presidente, Mattarella, va in pellegrinaggio a Sanremo. Sanremo è la capitale morale d’Italia, il luogo da cui si lanciano appelli e fiori, messaggi e trend, regole universali e transgeniche di condotta, e tutto il campionario dell’idiozia nazionale sfila in bella mostra. Il palco dell’Ariston è l’Altare della Patria dell’Italia d’oggi, ormai da decenni, con un’enfasi che ogni anno aumenta le sue dosi. San Remo ha scalzato san Francesco come santo protettore del nostro paese. Non ho nulla contro il Festival della canzone, nulla contro chi canta, contro chi ascolta, contro chi va in quel teatrino che dal vivo è di una miseria assoluta e quando arrivi davanti ti sembra una di quelle vecchie sale di serie b dove si facevano film scadenti di terza visione o a luci rosse, oppure avanspettacoli di provincia con compagnie minori.Nulla di male andarci, cantare, vederlo, lavorarci. Ma è l’esagerazione, la riduzione di un paese a buccia di Sanremo, a scatolone che contiene al suo interno questo teatrino. Quel che non si sopporta è la campagna massiccia h 24, a 360 gradi, l’overdose di notizie sul festival, l’antefestival, il dopofestival, il criptofestival, il metafestival; l’infiammazione permanente di sanremite. Via, un po’ di senso della misura e delle proporzioni; non è la festa nazionale dell’Italia, il riassunto supremo della sua storia, arte, cultura e identità. Ma solo un mucchio di canzoni, un po’ di menate decorative e qualche intrattenimento; un programma televisivo come tanti. Solo più lungo, più largo, più grasso. Fa male vedere un paese che sta facendo passi da gigante nel cancellare velocemente la sua identità, le sue tradizioni, la sua storia e la sua cultura; ma conserva, in modo artificiale, gonfiato, questo feticismo identitario di Sanremo, come unica autobiografia della nazione. Coi soliti presentatori, presidenti, direttori, che si congratulano a vicenda per i risultati raggiunti ogni anno, sempre record, senza precedenti. E i titoli dei tg che enfatizzano il numero degli spettatori, sacralizzano le performance che rimandano all’infinito, parlano, riparlano, straparlano, ci fanno vedere dietro le quinte, sotto le pance, in mezzo alle cosce, dentro gli orifizi posteriori, in un permanente backstage della banalità per suscitare morbosità. Suvvia, è solo una festa di carnevale come altre, come la sfilata dei carri allegorici di Viareggio o di Putignano, per dirne un paio. Sembra che l’Italia allegrona, canterina, giocosa festosa e sciantosa si sia barricata lì, nell’estrema Liguria, e inondi il paese di euforica stupidità istituzionale. Via, sono solo canzonette.Fatevi pure il vostro festival, ma per favore senza invasioni di campo nella vita seria del Paese e in ogni piega della nostra vita pubblica e perfino privata: chi vuol esser lieto sia, ma lasciate che siano gli italiani a cercare il festival e non viceversa, in quel modo epidemico e forzato. La coscrizione obbligatoria è già controversa quando riguarda la difesa della patria, figuriamoci se viene imposta per non disertare la chiamata di Sanremo.
Foto @Elena Oricelli
Dal 6 dicembre il viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026 toccherà 60 città italiane tra concerti, sportivi e iniziative sociali, coinvolgendo le comunità in vista dei Giochi.
Coca-Cola, partner del viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026, ha presentato le iniziative che accompagneranno il percorso della torcia attraverso l’Italia, un itinerario di 63 giorni che partirà il 6 dicembre e toccherà 60 città. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’attesa dei Giochi in un momento di partecipazione diffusa, con eventi e attività pensati per coinvolgere le comunità locali.
Le celebrazioni si apriranno il 5 dicembre a Roma, allo Stadio dei Marmi, con un concerto gratuito intitolato The Coca-Cola Music Fest – Il viaggio della Fiamma Olimpica. Sul palco si alterneranno Mahmood, Noemi, The Kolors, Tananai e Carl Brave. L’evento, secondo l’azienda, vuole rappresentare un omaggio collettivo all’avvio del percorso che porterà la Fiamma Olimpica in tutta Italia. «Il viaggio della Fiamma unisce storie, territori e persone, trasformando l’attesa dei Giochi in un’esperienza che appartiene a tutti», ha dichiarato Luca Santandrea, general manager olympic and paralympic Winter Games Milano Cortina 2026 di Coca-Cola.
Come in altre edizioni, Coca-Cola affiancherà il percorso selezionando alcuni tedofori. Tra i nomi annunciati compaiono artisti come Noemi, Mahmood e Stash dei The Kolors, volti dell’intrattenimento come Benedetta Parodi e The Jackal, e diversi atleti: Simone Barlaam, Myriam Sylla, Deborah Compagnoni, Ivan Zaytsev, Mara Navarria e Ciro Ferrara. La lista include anche associazioni attive nel sociale – dalla Croce Rossa al Banco Alimentare, passando per l’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti – a cui viene attribuito il compito di rappresentare l’impegno civile legato allo spirito olimpico.
Elemento ricorrente di ogni tappa sarà il truck Coca-Cola, un mezzo ispirato alle auto italiane vintage e dotato di schermi led e installazioni luminose. Il convoglio, accompagnato da dj e animatori, aprirà l’arrivo della torcia nelle varie città. Accanto al truck verrà allestito il Coca-Cola Village, spazio dedicato a musica, cibo e attività sportive, compresi percorsi interattivi realizzati sotto il marchio Powerade. L’azienda sottolinea anche l’attenzione alla sostenibilità: durante il tour saranno distribuite mini-lattine in alluminio e, grazie alla collaborazione con CiAl, sarà organizzata la raccolta dei contenitori nelle aree di festa. Nelle City Celebration sarà inoltre possibile sostenere il Banco Alimentare attraverso donazioni.
Secondo un sondaggio SWG citato dall’azienda, due italiani su tre percepiscono il Viaggio della Fiamma Olimpica come un’occasione per rafforzare i legami tra le comunità locali. Coca-Cola richiama inoltre la propria lunga presenza nel Paese, risalente al 1927, quando la prima bottiglia fu imbottigliata a Roma. «Sarà un viaggio che attraverserà territori e tradizioni, un ponte tra sport e comunità», ha affermato Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Milano Cortina 2026.
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