Il viaggio a Mosca abortito, le parole del funzionario dell’ambasciata russa sui ministri leghisti: cose già scritte. Ma vengono riproposte con il paravento di un fantomatico documento dei servizi segreti. Gabrielli smentisce, però Letta e compagni si buttano a pesce, arrivando a sostenere che il Carroccio ha fatto cadere il governo su ordine di Putin. La malafede dei disperati.
Il viaggio a Mosca abortito, le parole del funzionario dell’ambasciata russa sui ministri leghisti: cose già scritte. Ma vengono riproposte con il paravento di un fantomatico documento dei servizi segreti. Gabrielli smentisce, però Letta e compagni si buttano a pesce, arrivando a sostenere che il Carroccio ha fatto cadere il governo su ordine di Putin. La malafede dei disperati.Visto che l’accusa di fascismo non pare funzionare sull’opinione pubblica, per fermare una possibile vittoria del centrodestra, la sinistra ha deciso di giocare la carta del fascioputinismo, versione riveduta e corretta del solito babau che in campagna elettorale i compagni agitano per spaventare l’elettorato. Mercoledì a puntare il dito è stato Carlo De Benedetti, prima tessera del Pd, il quale dalle pagine del Corriere ha accusato il centrodestra di voler rompere con la tradizione, che vuole l’Italia alleata degli Stati Uniti, per strizzare l’occhio a Putin. Poi dalla Stampa di ieri è arrivato il resto, ossia un presunto «scoop» sui rapporti fra l’uomo di Salvini e i russi durante i giorni della crisi di governo. In pratica, un emissario del Carroccio sarebbe stato contattato da un funzionario dell’ambasciata di Mosca. L’uomo, in odore di servizi segreti, avrebbe voluto sapere se i ministri leghisti fossero pronti a mollare Mario Draghi. «In una campagna elettorale già tesa», scriveva perciò il giornale sabaudo, «emergono elementi nuovi sul rapporto tra Matteo Salvini e la Russia, che illuminano di una luce inquietante anche la caduta di Mario Draghi, e gli eventi accaduti negli ultimi due mesi di governo». Ovviamente, appena il tempo di arrivare nelle edicole e la notizia pubblicata dal quotidiano diretto da Massimo Giannini è deflagrata in Parlamento. Luigi Di Maio, forte del suo due per cento e dimentico del ruolo istituzionale di ministro degli Esteri, ha bombardato la Lega, chiedendo un immediato chiarimento dei rapporti fra Carroccio e Mosca. Per non essere da meno, anche Enrico Letta si è agitato, sollecitando addirittura un’inchiesta del Copasir, ovvero del comitato che vigila sui servizi segreti. A ruota, ovviamente, sono seguite le uscite di tutti gli altri, onorevoli e meno onorevoli della sinistra, i quali hanno alzato i toni, quasi fossimo in presenza di finanziamenti sotterranei di una potenza straniera (operazione che, a dire il vero, a sinistra conoscono bene, avendola praticata per oltre quarant’anni).In realtà, la notizia non c’è e nemmeno lo scoop. E non perché il sottosegretario alla sicurezza nazionale abbia negato l’esistenza di un dossier dei nostri 007 sui rapporti fra il segretario della Lega e i russi, ma perché i fatti rivelati dalla Stampa, oltre a essere già noti, nulla hanno a che fare con la caduta del governo Draghi. In altre parole, chi ha passato la velina puntava a sollevare un polverone, ma sotto la polvere non c’è nulla di quanto promesso. Innanzi tutto le date. Ciò che viene spacciato come un’operazione sotto copertura per indurre la Lega a far cadere il governo non si registra a metà luglio, quando Mario Draghi è messo in difficoltà dal mancato voto dei 5 stelle, ma all’inizio di giugno, vale a dire più di un mese prima la caduta del governo. In questi giorni Matteo Salvini sta valutando l’idea di una missione in Russia, per cercare uno spiraglio di pace in Ucraina. Un consigliere del segretario leghista per questo intrattiene rapporti con l’ambasciata russa. Il viaggio dovrebbe fare tappa in Turchia, perché a causa delle sanzioni non esistono voli diretti con Mosca, e l’ambasciata russa si preoccupa di prendere i biglietti, che poi saranno pagati dalla Lega. Forse si può accusare il consigliere di Salvini di essersi mosso con poca cautela e anche di una certa dose di ingenuità, ma il giallo si ferma qui, perché la caduta del governo e il rapporto tra l’emissario di Salvini con i funzionari di Mosca non sono collegati.Il presunto scoop della Stampa infatti non è uno scoop, ma una notizia riciclata. Il primo a parlare del viaggio in Russia, così come della domanda sulle possibili dimissioni dei ministri leghisti, è stato un mese e mezzo fa Giacomo Amadori sulla Verità. All’inizio di giugno, il nostro giornale non solo rivelò i dettagli della missione, ma anche i colloqui tra il consigliere di Salvini e il funzionario dell’ambasciata, pubblicando persino la fotografia del suddetto. Dunque, perché rivelare ora una notizia già nota da oltre un mese? Certo, alla Stampa non può essere sfuggito l’articolo, visto che era il titolo più importante di quel giorno, ampiamente ripreso da altri organi d’informazione. Non solo: alla notizia seguì un comunicato dell’ambasciata russa, che confermò il nostro scoop. Quindi, perché dare per nuova una notizia vecchia di un mese e mezzo? E perché la politica la prende come una rivelazione invece che come una cosa già nota? Soprattutto: perché trasporre la notizia fino a farla coincidere con i giorni della crisi, quasi che la domanda su una possibile uscita dal governo da parte della Lega fosse riconducibile alla caduta del governo Draghi? La risposta credo che ognuno la possa fornire da sé. Con il polverone si cerca di far credere che esista un legame tra la crisi di governo e il contatto fra il consigliere di Salvini e i russi, quasi che la prima sia stata ispirata da Mosca. Che ci sia della malafede pare evidente. Evidentemente, la disperazione - di perdere le elezioni - fa brutti scherzi.
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