2021-12-06
Tutti desiderano una vittima da immolare
Non è un caso che il sacrificio umano sia ossessivamente presente nella storia. Stimola un senso di potenza talmente radicato in noi da emergere addirittura nei cartoni animati. E da oscurare l’amore di Dio perfino in epoche molto religiose. Figurarsi in quelle ateevittime / 1Il primo significato della parola vittima, vocabolo dall’etimo incerto, è quello di animale o essere umano che viene consacrato alla divinità e ucciso nel sacrificio. Solo per estensione il vocabolo può essere utilizzato per indicare le vittime di guerra o di un qualsiasi altro tipo di sciagura o calamità: le vittime del terremoto, della droga, della strada, della montagna, e, ovviamente le vittime di un’epidemia o di un farmaco disastroso. Il primo significato però è quello di vittima sacrificale, qualcuno ammazzato per ottenere un vantaggio metafisico. Noi possiamo avere quindi due tipi di aggressività: un’aggressività spinta a ottenere un guadagno tangibile e una che potremmo definire gratuita, o maligna. Se una persona uccide un’altra persona per derubarla, commette un atto sicuramente ignobile, ma che indubbiamente ha un senso riconoscibile. Inoltre possiamo ipotizzare che questa persona, se non ha niente da guadagnarci, non ucciderà nessuno. Se una persona uccide senza guadagnarci nulla, o addirittura ci rimette per uccidere, allora siamo di fronte a un’aggressività maligna dove il guadagno è di tipo impalpabile, ma non inesistente. Il guadagno in questo caso è riferito all’anima e non al corpo, e l’anima può aspirare a qualcuno di molto in alto o a qualcuno di molto in basso: il sacrificio umano è la base di ogni messa nera di qualità. I satanisti sono assolutamente certi dell’esistenza di Satana. Nella loro sublime ingenuità sono convinti che all’Inferno fanno parte dello staff. Questo è il grande inganno. In realtà fanno parte dell’utenza. Sono nata a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta. La città anticamente si chiamava Capua, per un certo periodo fu addirittura la seconda città d’Italia, seconda solamente a Roma. La gloria finì con l’arrivo di Annibale, un tizio che arrivava dalla Tunisia e che per arrivare fino a Roma passò dalla Spagna dalla Francia e superò le Alpi, tutto questo tirandosi dietro degli elefanti. Gli elefanti impressionarono i romani, che normalmente si impressionavano poco, ma l’elefante introduceva sul campo di battaglia un terrore nuovo, quello di finire schiacciato come un sorcio. Bisogna arrivare ai blindati per ritrovare un terrore del genere. Dopo un paio di vittorie Annibale si fermò a Capua a riprendere fiato, l’episodio è ricordato col nome di «ozi di Capua». Fu un’idea non troppo astuta. Mentre lui si riposava i romani riuscirono a contrattaccare, sia in Italia che in Africa, dove tale Scipione, detto appunto l’Africano, portò la guerra direttamente. Annibale se ne tornò a Cartagine, lasciando gli elefanti e i capuani a scontare l’irritazione dei romani. I romani erano gente irritabile e Capua finì distrutta. Fu ricostruita con una certa fatica e divenne la sede della scuola dei gladiatori, questo è il motivo per cui aveva un anfiteatro straordinario, secondo per dimensioni e bellezza solo al Colosseo. Questo incredibile sfoggio di cultura ha due scopi: chiarire come sia sempre utile avere una qualche conoscenza delle guerre puniche, teoria al momento non universalmente condivisa; e ricordare l’esistenza del Colosseo e di tutti gli altri circhi. È stato calcolato che nell’arco dei secoli il numero delle persone perite negli scontri tra gladiatori e torturate a morte con vari sistemi ammonta a diversi milioni. Lo scopo di tutto ciò era semplicemente il divertimento di coloro che guardavano. Contrariamente a quello che riteneva Rousseau con la sua disastrosa teoria del buon selvaggio, il cervello umano è naturalmente feroce. L’odio è un piacere che si autoalimenta, come tutti i piaceri. Causare dolore a un altro, torturarlo o vederlo torturare, ci dà un senso di potenza. Basta guardare i cartoni, i Looney Tunes, i vecchi cortometraggi della Disney: si ride di Gatto Silvestro, di Wile Coyote, di Paperino o Pippo che cadono da altezze vertiginose, prendono colpi sulla testa, sulla faccia o sul sedere, cadono sui chiodi, nei nidi di calabrone, esplodono, vengono calpestati da schiacciasassi. Ci sono trasmissioni «comiche» fabbricate con video di persone che si fanno male, Paperissima ad esempio. I quattro ragazzi che cospargono di benzina il barbone e gli danno fuoco per sentirsi forti e potenti davanti alla sua impotenza e al suo dolore, stanno applicando uno schema che era la norma nel Colosseo e in innumerevoli culture. Il sacrificio umano è ossessivamente presente nell’umanità: la colpa di ogni frustrazione e quindi il senso della propria impotenza vengono addossate a una vittima, il nemico o un appartenente al gruppo, e tutto il gruppo, grazie alla soppressione della vittima, supera la frustrazione e riacquista il senso della propria efficacia. Questo comportamento esiste anche negli animali, indicato con il verbo inglese to mob, da cui il più noto mobbing. Quando un branco di lupi o coyote è con le spalle al muro, ha perso il territorio, è in una situazione che definiremmo di frustrazione e impotenza, massacra uno dei propri componenti, qualcuno che per un qualche motivo è un marginale. In questa maniera il branco recupera un po’ di proteine e il senso della propria potenza.Dal punto di vista neurobiologico la compassione è più facile nei neuroni specchio. I neuroni specchio sono la grande scoperta dell’ultimo decennio, sono per la neurobiologia quello che il Dna è stato per la biologia, ha detto il neurologo indiano Vilayanur S. Ramachandran. I neuroni specchio ci spingono a imitare chi ci sta di fronte ed è grazie a loro che i bambini imparano in un tempo minimo una lingua, come ci si muove, come ci si comporta, ma sono anche quelli che ci permettono di capire il senso del comportamento degli altri: chi sta sorridendo è sereno e chi sta piangendo è disperato. Grazie ai neuroni specchio le emozioni si contagiano. Chi è sereno, chi sorride molto, chi porta nel mondo la sua cortesia spande luce attorno a sé. Chi è aggressivo, scortese, lamentoso sparge buio, il buio spesso descritto nel Signore degli anelli, quello che non è semplice assenza di luce, ma qualcosa che ha il potere di distruggerla. I neuroni specchio sono maggiormente presenti nel cervello femminile: noi dobbiamo diventare madri. Se non fossimo empatiche lasceremmo morire i nostri neonati di fame, coperti dai loro escrementi. Noi ci commuoviamo davanti a un bambino che piange, davanti ai film dove qualcuno muore e davanti a un bel po’ di pubblicità. I maschi sono meno empatici; se lo fossero troppo non potrebbero svolgere i due ruoli che già nelle scimmie antropomorfe sono maschili: il cacciatore e il guerriero. Questa regola conosce miriadi di eccezioni, ma nelle sue grandi linee è rispettata in ogni civiltà umana. Se si tortura un bambino, il numero di neuroni specchio diminuisce, sarà meno empatico.Ancora di più che nei neuroni specchio, la compassione e l’etica sono nelle narrazioni, nelle fiabe, nei poemi epici, e, soprattutto, in quella che è la prima narrazione: Dio ti ha creato perché ti ama e perché tu possa amare Lui e il tuo prossimo. La ferocia all’interno dell’uomo, il suo desiderio di avere una vittima e di immolarla può essere talmente grande che questa massima è stata dimenticata persino in epoche profondamente religiose, ma è dove queste narrazioni non ci sono che la ferocia non conosce più limiti e le vittime non si contano più a unità ma a metri cubi.(1. continua)