Tra il 2014 e il 2016, mentre Enrico Letta e Matteo Renzi erano a Palazzo Chigi, sono scomparse in mare 12.405 persone. Eppure nessuno ha mai parlato di «stragi di Stato», come in questi giorni. Il minimo si è toccato nel 2019, con il «cattivo» Matteo Salvini al Viminale.
Tra il 2014 e il 2016, mentre Enrico Letta e Matteo Renzi erano a Palazzo Chigi, sono scomparse in mare 12.405 persone. Eppure nessuno ha mai parlato di «stragi di Stato», come in questi giorni. Il minimo si è toccato nel 2019, con il «cattivo» Matteo Salvini al Viminale.«Centinaia di persone, oltre 700 secondo i testimoni, oltre 900 secondo un sopravvissuto ricoverato a Catania, sono morte in un naufragio nel canale di Sicilia, in quello che rischia di essere la peggiore tragedia di migranti di sempre. I profughi erano su un peschereccio partito da Est di Tripoli. Stipati come animali in una barca lunga dai venti ai trenta metri». L’articolo da cui ho tratto l’incipit è di Repubblica e venne pubblicato il 19 aprile del 2015, il giorno dopo l’affondamento del barcone. Gli accertamenti necroscopici eseguiti dal laboratorio di Antropologia e odontologia forense del Dipartimento di medicina legale dell’università di Milano accerteranno che le vittime in realtà furono molte di più di quelle inizialmente stimate. Infatti, nel naufragio perirono 1.100 persone, in quella che molto probabilmente è la più grave tragedia nel Mediterraneo. Un bilancio ancor più pesante di quello registrato il 3 ottobre di due anni prima, quando a poche miglia da Lampedusa perirono quasi 400 persone. Tuttavia, a seguito della strage di migranti nel Canale di Sicilia, non ci fu chi scrisse che «scientemente l’Italia, nelle persone che la rappresentano e prendono le decisioni, ha deciso di lasciare affogare uomini, donne e bambini in cerca di rifugio», come ieri ha sostenuto La Stampa a proposito del naufragio nelle acque davanti a Cutro. Nessuno sostenne che gli uomini della Guardia costiera e della Finanza avessero deciso «scientemente» di far affondare il barcone partito da Tripoli. Nessuno trovò il coraggio di scrivere tali stupidità e altrettante falsità in poche righe. Dall’alto dell’assoluta ignoranza dei fatti, da giorni a testate unificate si pontifica su una tragedia, accusando tutto e tutti, ma in particolar modo la maggioranza di governo. Un’indignazione a comando, quasi pavloviana, perché a Palazzo Chigi c’è un presidente del Consiglio che viene da destra e dunque si può gridare a squarciagola che «fa schifo quello che è stato fatto» anche se nulla legittima a farlo.Nel naufragio di domenica mattina sono morte 70 o forse 80 o 90 persone. Fra di loro molti bambini. Tanti. Troppi. Ma negli ultimi dieci anni nel Mediterraneo sono annegati, mentre cercavano di raggiungere le coste italiane e in generale quelle europee, circa 26.000 migranti. Uomini, donne e bambini come a Cutro. E negli ultimi dieci anni al governo, per almeno nove, c’era la sinistra. Quando nel 2013 un peschereccio partito da Misurata colò a picco con il suo carico umano, il presidente del Consiglio era Enrico Letta. E il giorno in cui si verificò la più grande tragedia del dopoguerra (la definizione è dell’Unhcr, ossia dell’agenzia Onu per i rifugiati), a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi. Il maggior numero di morti, negli ultimi dieci anni si è concentrato nel 2014, nel 2015 e nel 2016. In totale, fanno 12.405 vittime, circa la metà di quelle registrate nel decennio. Il picco più basso si è toccato nel 2019, quando al ministero dell’Interno c’era il famigerato Salvini, quello che secondo i giornali di sinistra, Stampa compresa, avrebbe lasciato morire i migranti a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Cutro. I numeri non mentono e raccontano la pura e semplice verità che non si vuole vedere o che si vuole nascondere dietro a una cortina fumogena di faziosità e ideologia. Più profughi cercano di raggiungere l’Europa via mare, affidandosi a organizzazioni criminali, e più persone muoiono. Meno ne partono e meno ne muoiono. So che ai compagni, a quelli che pensano di fermare le stragi mettendosi il fazzoletto bianco al braccio come suggerisce Elena Stancanelli sulla Stampa, la realtà non piace e dunque preferiscono inventarsi nemici immaginari. Ma i fatti sono fatti e le tragedie anche. Per quanto si impegnino a impartire lezioni di soccorso e a immaginare complotti e decisioni che non esistono, nell’ennesima strage non c’è nulla da scoprire e, a parte gli scafisti, nessuno da condannare. L’ho già spiegato orari alla mano. Il 25 febbraio, alle ore 22.26, un aereo Frontex in attività di pattugliamento segnala un’imbarcazione sospetta a circa 40 miglia a Sud Est di Isola Capo Rizzuto. Non c’è nessun allarme, nessuna richiesta d’aiuto, nessuna evidenza di anomalie. Le immagini riprese dal velivolo sono vagliate da un team di esperti di cui fanno parte uomini della Guardia costiera, della Finanza, della polizia di Stato e dal rappresentante di un’organizzazione in difesa dei diritti umani. Nel caso in questione, il natante non viene ritenuto in condizioni di emergenza e la presenza di migranti è solamente presunta. Le informazioni raccolte vengono inviate ai centri di coordinamento, sia a quello che si occupa delle operazioni di polizia che a quello che coordina i soccorsi. Alle 2.30 del 26 febbraio, dalla sezione operativa navale di Crotone della Guardia di finanza salpa la Vedetta Velocissima, alla ricerca dell’imbarcazione segnalata, mentre da Taranto molla gli ormeggi un pattugliatore veloce. Compito di entrambi, raggiungere il natante per controlli per prevenire traffici illeciti. Entrambi i mezzi della Gdf, che non sono in mare per un salvataggio, viste le pessime condizioni meteo decidono di interrompere la navigazione e di rientrare in porto. Alle 3.40 la sala operativa delle Fiamme gialle comunica il dietrofront all’Autorità marittima, chiedendo che l’intervento per agganciare l’imbarcazione segnalata da Frontex sia effettuato dalla Guardia costiera. Alle 3.50, la stessa sala operativa ottiene le coordinate dell’imbarcazione. Alle 3.55 i carabinieri ricevono una chiamata che segnala la barca dei migranti nelle acque antistanti la località Steccato di Cutro. Forse il barcone è già colato a picco, forse il naufragio avverrà poco dopo. Sta di fatto che se anche la Guardia costiera si fosse mobilitata alle 3.40, dopo la segnalazione della Gdf (che peraltro non parlava di operazione di soccorso, ma solo di una nave da controllare), nessuno avrebbe potuto salvare i migranti, perché per raggiungere il luogo del naufragio i pur inaffondabili mezzi della Capitaneria, con un mare forza 7, avrebbero comunque impiegato un’ora, come poi effettivamente impiegarono quelli della Gdf quando alle 4.30 venne dato l’allarme da alcuni pescatori che avevano avvistato i cadaveri in acqua. È tutto chiaro? Per chiunque non sia in malafede credo di sì, ma ciò non impedirà alla stampa più schierata di continuare a scrivere che quella di Cutro è una strage di Stato, caricando sulle spalle degli italiani un peso morale che è solo frutto di ipocrisia e cinismo.
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