2019-01-23
Merkel e Macron si fanno l’Europa privata
Francia e Germania si fanno gli affari loro e li chiamano Europa. Sì, i due Paesi ormai non stanno neanche più a fare la fatica di nascondere il patto che li lega. Se prima, da amanti clandestini, si spalleggiavano senza darlo troppo a vedere, spartendosi i posti che contano in Europa e prendendo le decisioni a seconda dei rispettivi interessi, adesso hanno celebrato il matrimonio ufficiale. (...)(...) Uno sposalizio che ovviamente ha lasciato fuori dalla porta tutti gli altri, Italia compresa. Altro che Europa a due velocità o Europa di serie A e di serie B. Ormai siamo all'ufficializzazione del fatto che l'Europa è a guida francotedesca e tutti gli altri Paesi seguono a ruota ciò che è stato deciso a Parigi o a Berlino. Il che - diciamoci la verità - potrebbe persino essere accettabile se le cose funzionassero a meraviglia per tutti. Cioè se, appaltando le decisioni alla coppia Macron-Merkel, anche gli altri Paesi ne traessero vantaggio. Per quanto ci consta, infatti, se l'economia andasse a gonfie vele, la disoccupazione fosse al minimo e l'immigrazione rimanesse sotto controllo, potremmo addirittura rallegrarci che le decisioni siano prese da francesi e tedeschi al posto nostro. In fondo sarebbe un modo per farci levare le castagne dal fuoco dagli altri. O per lo meno per provarci. Peccato, però, che l'asse Parigi-Berlino arrivi quando i due partner si dimostrano pieni di acciacchi e tutti e due zoppicanti. In Francia traballa Macron dietro la spinta del gilet gialli, dello scandalo Benalla e, soprattutto, dell'inefficacia dei provvedimenti economici voluti dal presidente-banchiere. Il debito pubblico è pari al nostro, anche se in rapporto al Pil risulta più basso. E però, con un deficit sopra il 3 per cento (che ovviamente ai nostri cugini non viene contestato, a differenza di quanto capita a noi) è inevitabile che i conti peggiorino. Anche la cancelliera di ferro sembra un po' arrugginita. Angela Merkel ormai è arrivata a fine corsa, prova ne sia che ha dovuto cedere lo scettro del suo partito, annunciando che questo è il suo ultimo mandato alla guida del governo tedesco. La parabola discendente, però, non riguarda solo la donna che ha dominato l'Europa negli ultimi 15 anni, ma anche la Germania, che da locomotrice del continente si è trasformata in un vagone con il freno a mano tirato. Costi dell'energia alti, un sistema di welfare messo a dura prova, salari ridotti al minimo, immigrazione che comincia a dare problemi anche per via del terrorismo. Risultato: per i tedeschi la vita all'orizzonte appare un po' meno rosea. Per dirla in poche parole, sono finiti i tempi in cui Nicolas Sarkozy e Angela Merkel si davano di gomito, come Stanlio (il francese) e Ollio (la tedesca). All'epoca, quando al governo c'era Silvio Berlusconi, i due si comportavano da compari, prendendo per i fondelli l'Italia. Ma adesso che rischia di toccare il fondo, la coppia scoppiata Francia-Germania prova a sostenersi a vicenda, sottoscrivendo una specie di patto di mutuo soccorso. Ad Aquisgrana, Macron e Merkel hanno deciso di dar vita a un asse che prevede un reciproco vantaggio. Tanto per cominciare, si spartiranno un seggio all'Onu, quasi che l'importante sgabello sia un affare privato fra loro. Una poltrona di scambio che la Francia si era conquistata come Paese vincitore della Seconda guerra mondiale e che ora mette a disposizione delle terga della rappresentante di un Paese che quel conflitto non solo perse, ma scatenò. Il patto della seggiola prevede anche un'intesa su una serie di temi come la sicurezza, la formazione professionale, l'università e pure l'industria. Dunque, su tutto ciò che conta. Politica estera, politica economica, politica migratoria, ogni cosa passerà prima al vaglio di Parigi e Berlino e poi sarà trasmessa agli altri partner europei perché ne prendano atto, possibilmente senza troppe discussioni.Ovviamente, dietro a ciò ci sono interessi precisi nel settore degli armamenti, in quello della cantieristica e della tecnologia. Perché, come si sa, i francesi sono molto attenti ai principi. Liberté, egalité e fraternité sono nel loro dna, ma anche dané, soprattutto se all'Eliseo ci sta chi di mestiere lavorava per Rothschild.Detto questo, perfino uno come Romano Prodi comincia ad accorgersi della fregatura. Qualche tempo fa se n'è uscito con una confessione in cui si diceva convinto che Francia e Germania si stessero per spartire l'Europa. «La prima si è presa il monopolio della politica estera, la seconda quella economica». Secondo l'ex presidente Ue, così «invece di avere un'Europa con un motore a due pistoni, abbiamo due motori con un pistone ciascuno». Visto ciò che sta accadendo non gli si può dare torto. Anche perché in mezzo ai due pistoni ci sono tanti pistola che si ostinano a non capire che l'Ue si è trasformata in un comitato d'interessi. I loro.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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