«Sarkò nano, Giuliani povero vecchio». Se non sei di sinistra, ti meriti l’odio

Scene da film di Tarkovskij. È come se esistesse una Zona, cinturata da una linea invisibile: basta varcare il confine e… hic sunt leones. È sufficiente un piccolo sforamento per entrare nel territorio di caccia, nell'area grigia in cui si può essere sbranati senza che alcuno provi sconcerto. Se si è fuori dalla Zona si è al riparo, al caldo, coccolati fra gli illuminati progressisti. Dentro la Zona - là dove vivono i subumani populisti - che il sangue scorra.
La rappresentazione plastica di tutto ciò che la offrono i sommovimenti interni a Forza Italia degli ultimi giorni. Silvio Berlusconi si dichiara «responsabile», potrebbe presto tornare utile all'attuale esecutivo e all'improvviso tout est pardonné. Salvo qualche piccola trincea di coerenza antiberlusconiana (la ridotta di Marco Travaglio), il resto della sinistra dimentica all'improvviso lo Psiconano, il Sultano, il culo flaccido, il Banana, il pelato eccetera. Spariscono gli insulti, svaporano le offese, non se ne va il disprezzo ma viene ben celato. La scure alzatasi dal collo di Silvio, però, è calata su quello di Laura Ravetto, parlamentare forzista passata alla Lega. In un lampo, ecco scatenarsi su di lei le fiere.
Mario Natangelo, autore satirico del Fatto, le ha dedicato una vignetta da bar di Caracas. Ritrae Berlusconi intento a commentare l'addio a Fi della signora: «Peccato, era brava la Ravetto, sapeva fare una cosa con la lingua che…». Il sottinteso sessuale è chiaro, e non è di certo inedito. Così come non sono affatto inedite le reazioni che la vignetta ha suscitato. A parte qualche sparuta dichiarazione di solidarietà giunta da sinistra, gli insulti alla parlamentare neo salviniana sono passati sono silenzio. Il che stona un po' con il clima imperante di ossessione antisessista, in cui basta mezza parola storta per vedersi attribuire la patacca di orrendo machista.
Siamo alle solite: passando al nemico sovranista, la Ravetto è entrata nella Zona, dunque la si può tranquillamente accusare di aver fatto carriera concedendo favori sessuali senza che questo provochi scandalo. E ovviamente a Natangelo non saranno mosse accuse di razzismo o sessismo. Tanto che il fumettista, in una seconda vignetta, fingendo di precisare il suo pensiero, ha dato della «mignotta» alla Ravetto. Tutto secondo copione: se sei fra gli eletti fuori dalla Zona, ti puoi permettere di disprezzare e dileggiare chi è dentro.
Come ha fatto ieri Gianni Riotta nel breve ritratto di Rudolph Giuliani pubblicato sulla Stampa. Ha raccontato di aver incontrato Giuliani quando era sindaco di New York e di averlo intervistato perché «amico e collega» di Giovanni Falcone. Al tempo gli aveva fatto un'ottima impressione. Era «l'uomo che aveva ristabilito l'ordine» nella Grande Mela, un «gentleman». Oggi, però, Giuliani non è più «l'amico di Falcone», bensì «l'amico di Trump». E infatti Riotta ha cambiato tono: lo descrive come un «patetico avvocaticchio», suggerisce che si sia rincoglionito con l'età. Gianni lo spietato insiste sulla «lacrima viscida» di mascara che - in una foto molto circolata sui media americani - si vede colare sul volto sudato di Giuliani durante un incontro con la stampa. Poiché è entrato nella Zona, l'ex sindaco di New York - a prescindere dagli eventuali meriti - può essere raccontato come un anziano ridicolo che si trucca e si tinge i capelli. Alla faccia di quello che gli statunitensi chiamano «ageism», cioè discriminazione verso gli anziani.
Volete un altro esempio? Prendete il libro di Barack Obama appena uscito. L'ex presidente americano snocciola colorite descrizioni di alcuni leader incontrati nel corso della sua carriera. A proposito di Nicolas Sarkozy scrive: «Con i suoi tratti scuri, vagamente mediterranei (era mezzo ungherese e per un quarto ebreo greco) e la sua bassa statura (un metro e 66 ma portava rialzi nascosti nelle scarpe per sembrare più alto), sembrava uscito da un quadro di Toulouse-Lautrec». Poi aggiunge rifiniture di questo calibro: «Le mani in perenne movimento, il petto gonfio come un gallo nano». Pare che queste parole non abbiano indignato nessuno, e forse è anche giusto così. Dice il profeta: «Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni». Ma vi ricordate che putiferio scoppiò quando Berlusconi definì Obama «abbronzato»? Avete idea di che cosa succederebbe se qualcuno, oggi, osasse dire che il caro Barack è «scuro» o se lo paragonasse a un animale? Provate a immaginare che accadrebbe se un sovranista su di giri utilizzasse le parole «ebreo» e «ungherese» nella stessa frase, magari riferendole a George Soros. Subito si udirebbe ringhiare: «Antisemita!». E chissà che cosa accadrebbe se un giornalista italiano dipingesse Soros con la tempera color odio utilizzata da Gianni Riotta nel suo articolo su Giuliani. O se un vignettista «di destra» insinuasse che una rappresentante del Pd si è inginocchiata davanti a Zingaretti per far carriera.
A sinistra sono così fissati con le discriminazioni e i commenti negativi sull'aspetto fisico che persino il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, sfida il ridicolo e racconta - onde mandare un messaggio contro il bullismo - che a scuola la schernivano per via delle labbra e la chiamavano «Cazzolina». In nome della «lotta all'odio» questa maggioranza scodella progetti liberticidi tipo il ddl Zan.
Poi, però, quando la discriminazione e l'odio si manifestano in purezza, passano in cavalleria: basta che chi sputa e insulta sia di sinistra e tutto è concesso.






