Non finiscono mai i grattacapi per il premier Matteo Renzi in vista del referendum del prossimo 4 dicembre. E a dargli l'ennesimo dispiacere è ancora una volta suo padre Tiziano. Si tratta di una notizia che piomba proprio nel pieno dello svolgimento della settima Leopolda. Questa volta babbo Renzi è agitato per un'inchiesta di una Procura del Sud, che secondo due diverse fonti della Verità dovrebbe essere quella di Napoli. Il segretario del Pd di Rignano sull'Arno (incarico che ricopre di nuovo dopo essere stato archiviato per le accuse di bancarotta fraudolenta della Procura di Genova) è venuto a conoscenza della nuova inchiesta che lo riguarda a metà ottobre. Quel che pare certo è che, dopo essere stato informato della vicenda, ha cominciato a chiamare a rapporto alcuni degli uomini a lui più vicini e con essi si sarebbe lasciato andare a questo amaro commento: «Se questa storia esce prima del 4 dicembre perdiamo il referendum». Per questo ha convocato l'amico sindaco di Rignano, Daniele Lorenzini, e vari politici del Pd, compresi diversi collaboratori del figlio. La scena è sempre la stessa: Tiziano all'ospite di turno chiede di lasciare il cellulare all'ingresso della casa in frazione Torri, a Rignano sull'Arno. Quindi esce con l'interlocutore e prende la strada bianca che conduce nel bosco, dove confida tutte le sue preoccupazioni. L'inchiesta ruoterebbe intorno a una vicenda del tutto nuova di cui sino a oggi i giornali non si sono mai occupati. In passato nelle carte riguardanti un'indagine su una società di cui Tiziano Renzi era stato socio, la Mail service di Alessandria, un capitolo ambientato in provincia di Napoli era emerso. Nella documentazione depositata presso la Procura di Alessandria veniva messa sotto la lente d'ingrandimento una triangolazione avvenuta il 5 luglio del 2011 tra Mail service, Chil post (ceduta pochi mesi prima da Tiziano Renzi a Gian Franco Massone) e una società di distribuzione della provincia di Napoli, la Du.ma. recapiti.
Oggetto di quella che il curatore fallimentare Dario Lenti riteneva essere una distrazione di beni, era un capannone di proprietà della Mail service acquistato in leasing sotto la gestione di Renzi senior. Il venditore, al prezzo di 1.028.000, era Mail service, mentre l'acquirente era Du.ma che, in cambio, aveva ceduto un credito da 942.000 euro vantato verso una terza società, di nome Directa. Lo stesso giorno Chil post si accollò il debito di Directa, impegnandosi a saldare il dovuto in 54 rate. Mail service aveva accettato come pagamento una cessione di credito non garantita, rinunciando per di più all'ipoteca legale. Per Lenti quest'operazione e l'irreperibilità degli attori dava fondatezza all'ipotesi di «una finalità distrattiva del patrimonio societario». Alla fine l'inchiesta sul fallimento di Mail service è stata archiviata ad Alessandria, ma non sappiamo se non ci siano stati degli stralci.
Riguardo il nuovo fascicolo per ora le notizie sono frammentarie. Lo storico avvocato del babbo del premier, Federico Bagattini, ci scherza su: «Io non ne so assolutamente nulla, ma se lo dice lei è sicuramente vero». Renzi senior inizialmente non ci lascia neanche il tempo di formulare la domanda: «Non ho intenzione di dedicarvi neppure un secondo», ci spiega per nulla sereno. Ma quando lo richiamiamo senza presentarci come giornalisti della Verità per chiedere conferma di una generica notizia, questa volta ci risponde. All'inizio ha un approccio ruvido: «Sì, mi disturba. Ho rispetto del suo lavoro, ma non ho intenzione di parlare con la vostra categoria». Poi diventa più affabile: «Se le ho risposto male le chiedo scusa. Che notizia è?» domanda. Ci risulta ci sia un'indagine a suo carico da parte della procura di Napoli. «Sono molto contento, è una bella notizia, stasera la pastasciutta la mangio contento. La ringrazio della sua attenzione. È una notizia che io qui non ho, può darsi che sia vera». Quindi chiude la conversazione. Ma quello che non ci dice lui, lo riferiscono a mezza bocca nella piazza del paese alcuni amici. Parlano di un qualche presunto socio con pesanti guai giudiziari.
«Ma io quel tipo l'avrò visto una volta...» si è lamentato Renzi senior con la sua cerchia più ristretta, facendo riferimento al personaggio misterioso al centro dell'inchiesta partenopea. Di più è difficile ottenere in quel di Rignano sull'Arno. Non ci dà nessuna conferma il sindaco Lorenzini e neanche uno degli uomini più vicini a Tiziano, Roberto Bargilli, l'ex autista del camper di Matteo Renzi durante il tour per le primarie. Questa storia si assomma ad altre già raccontate da questo giornale. Per esempio le indagini della procura di Genova sulla bancarotta della Chil post per cui babbo Renzi è rimasto indagato per 28 mesi. La sua posizione è stata archiviata senza che nessun altro giornale abbia eccepito sulla debolezza delle motivazioni. Nel frattempo gli stessi imputati, indebitati e con i conti in rosso, hanno di colpo versato 20.000 euro per ristorare i creditori della bancarotta. A Cuneo toghe un po' più coraggiose hanno depositato agli atti alcune intercettazioni dei genitori del premier in una scivolosa inchiesta per una bancarotta fraudolenta. Una notizia ghiotta, da prima pagina. Peccato che nessun giornale, anche in questo caso, neppure un piccolo foglio locale, se la sia filata. Silenzio assoluto. Nonostante l'accusa di finanziamenti poco chiari alla società che gestiva le campagne elettorali del premier o di aver creato un buco da 3,3 milioni di euro alle casse dell'Inps con un gruppo di sgangherate cooperative, compresa la fiorentina Delivery, nata su espressa volontà di Tiziano Renzi. Tutte notizie che sino a oggi hanno trovato patria solo su questo giornale.
(Ha collaborato Christian Campigli)
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