2022-09-26
Il tempo della Meloni
Il centrodestra ottiene una evidente maggioranza (44%) Fdi vola oltre il 25%, tiene bene Forza Italia, cede la Lega. La coalizione di centrosinistra si ferma intorno al 26%. Risultato molto deludente per Carlo Calenda e Matteo Renzi. I grillini superano il 15%. Cresce ancora l’astensionismo: hanno votato appena sei aventi diritto su 10.Come capita a ogni elezione, in molti provano a cantar vittoria, ma qui la sola che ha motivo di farlo è Giorgia Meloni. La vittoria di ieri è netta e non lascia spazio a dubbi: un partito che solo fino a cinque anni fa aveva il 4%, ieri ha raccolto più del 26% dei consensi, ovvero quanto hanno conquistato tutti insieme i partiti di centrosinistra che si sono presentati all’appuntamento con i seggi. Fratelli d’Italia ha svuotato i bacini elettorali di Lega e Forza Italia, allargando il perimetro del centrodestra, conquistando con ogni probabilità una maggioranza larga che le consentirà di governare senza problemi sia in Senato che alla Camera. Se alle scorse elezioni i partiti della coalizione si fermavano al 37%, con quello guidato da Matteo Salvini al 17,4 e quello di Silvio Berlusconi al 14, oggi l’alleanza dei moderati è poco sotto il 50%, con un forte travaso di voti da Lega e Forza Italia a favore di Fdi. Ma se lo schieramento guidato da Giorgia Meloni avanza, altrettanto non si può dire della triste macchina da guerra di Enrico Letta (quella allegra è stata rimessa in garage trent’anni fa da Achille Occhetto, dopo la sconfitta inattesa contro il Cavaliere). Il segretario con gli occhi di tigre, colui che per settimane ha agitato il fantasma del fascismo, evocando una rimonta altrettanto fantasma, è il vero perdente di questa tornata elettorale, e non abbiamo dubbi sul fatto che già nelle prossime ore potrebbe essere costretto a farsi da parte. Passato dal campo largo a un campo ristrettissimo, Enrico Letta ha ottenuto una percentuale al di sotto di ogni aspettativa. Il segretario del Pd ha fatto rientrare dalla finestra personaggi usciti dalla porta, come Roberto Speranza, e dunque il partito era in attesa di aspettarsi risultati migliori, che invece non ci sono stati. Anzi, il numero di consensi raccolti non è molto differente da quello ottenuto dai 5 stelle e questo apre per il principale partito della sinistra un serio problema. È vero che alle scorse elezioni il Pd aveva raccolto quasi la metà di ciò che portarono a casa i grillini, ma all’epoca il Parlamento era diviso in tre, con i seguaci di Beppe Grillo a farla da padroni. Alla Camera e al Senato, il Pd poteva contare sui suoi voti e su quelli di alleati come Sinistra italiana e Articolo 1 e infatti, quando nel 2019 Renzi giocò la mossa del cavallo per impedire lo scioglimento della legislatura, grillini e sinistra riuscirono a formare una solida maggioranza che, ahinoi, gestì la fase difficile della pandemia.Oggi le cose non stanno così. Il Pd non è riuscito ad ampliare i suoi consensi ed è vero che i pentastellati hanno dimezzato i voti e dunque non hanno motivo di rallegrarsi, ma è altrettanto certo che, nonostante la pessima prova data negli ultimi cinque anni dai seguaci di Grillo, i pentastellati conservano una percentuale che li rende competitivi con il Pd. A differenza del tracollo che era atteso da molti osservatori, Giuseppe Conte in versione Masaniello è riuscito a fermare l’emorragia di consensi, superando indenne la scissione guidata da Luigi Di Maio. Insomma, a sinistra si intravedono macerie e non solo perché il Pd ha raccolto meno del previsto, ma perché la tenuta dei 5 stelle - che qualcuno immaginava addirittura sotto il 10% - apre un serio problema di equilibri nella compagine di centrosinistra, al punto che Giuseppe Conte potrebbe essere tentato di lanciare un‘Opa sul Partito democratico, ovvero di inglobarlo. Ma tra i perdenti di successo, oltre ai leader di centrodestra che si sono visti soffiare sotto gli occhi l’elettorato, si segnala anche il duplex Calenda e Renzi, che si era candidato a diventare il terzo polo, ma che al momento non pare aver conquistato l’obiettivo. Il numero a doppia cifra tanto sognato non è stato raggiunto e la ventilata Opa su Forza Italia - vero obiettivo della coppia egoriferita dell’ex ministro e dell’ex premier - pare fallita. Quanto al resto, ossia ai partitini in corsa, l’unico risultato degno di nota è quello del gruppo fondato all’ultimo minuto, prima che cominciasse la campagna elettorale, da Luigi Di Maio, vero protagonista della crisi e dello scioglimento della legislatura. Impegno civico non ha superato la soglia di sbarramento e neppure il suo leader, che si era fatto candidare nel collegio uninominale Napoli-Fuorigrotta con l’appoggio del Pd, entrerà in Parlamento.Ciò detto, se i numeri verranno confermati, il centrodestra avrà l’onore e l’onere di governare. Non sarà facile e neppure sarà un percorso privo di insidie. Come un esercito in rotta, il centrosinistra ha disseminato sulla strada una serie di trappole, piazzando ovunque i propri uomini come durante la ritirata si nascondono nel terreno le mine antiuomo. Tuttavia, c’è un aspetto che può consolare ed è che la disfatta dei compagni è tale che ci vorrà del tempo prima che riescano a riorganizzarsi. Un vantaggio per chi ha vinto, perché senza il Pd tra i piedi forse qualche cosa di buono si potrà fare.
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