2024-02-18
La lezione di laicità del vescovo: «Fuori dalle chiese chi è in politica»
Papa Bergoglio e Monsignor Giacomo Morandi
Monsignor Giacomo Morandi ha invitato i candidati alle votazioni di giugno a lasciare incarichi diocesani e parrocchiali. Tutto il contrario di quanti, invece, usano l’abito talare per fare propaganda pro clandestini.La notizia è che c’è un prete che fa il prete, e per questo suscita sconcerto. Di questi tempi un religioso che si occupi di religione, un uomo di fede che pensi alla fede, è una bestia strana, che giustamente va guardata con sospetto e fatalmente diviene oggetto di polemica.Il protagonista di questa storia surreale è il vescovo di Reggio Emilia, Giacomo Morandi, presidente della Cei dell’Emilia-Romagna. Da qualche giorno è al centro del tornado perché ha commesso un atto inaudito: ha inviato una lettera a tutte le parrocchie della sua diocesi per invitare chi è impegnato nella struttura ecclesiastica a non portare la politica lì dove si dovrebbe pensare all’anima. Il messaggio era rivolto a lettori, accoliti e ministri straordinari della Comunione e la metteva giù con chiarezza: «In vista delle prossime elezioni europee e amministrative», ha scritto il vescovo, «reputo opportuno disporre che quanti intendano candidarsi in qualsiasi lista, debbano dimettersi da ruoli di responsabilità ricoperti in diocesi o nelle parrocchie. Inoltre, non sarà possibile ospitare nelle chiese e nelle strutture parrocchiali incontri e dibattiti in vista delle urne. Ciò per evitare che i nostri ambienti possano diventare luoghi di campagna elettorale».E casomai qualcuno non avesse capito, il monsignore ha ribadito il concetto, chiarendo che quanti ricoprono incarichi in parrocchia «non potranno ricoprire, al contempo, ruoli di coinvolgimento diretto e in prima persona negli schieramenti politici, in modo che possano così attestare il loro servizio verso la comunità ecclesiale attraverso il primato della Parola e della Mensa».Sono frasi che dovrebbero suonare scontate in un contesto non patologico, ma che oggi quasi commuovono per quanto appaiono estranee allo spirito del tempo. Infatti il vescovo si è attirato le ire di qualche parroco (così riporta la Gazzetta di Reggio), le reprimende di qualche politico e commentatore locale e, soprattutto, quelle di Confcooperative Terre d’Emilia che, per bocca del presidente Matteo Caramaschi, ha dichiarato quanto segue: «Rispettiamo profondamente il vescovo ma lo invitiamo a ripensare la sua disposizione».La scossa suscitata dalla lettera vescovile è stata tale che Morandi è dovuto intervenire per precisare sul giornale diocesano La Libertà. Intervistato dal direttore Edoardo Tincani, il monsignore si è detto dispiaciuto che «la lettera riservata ai parroci sia stata strumentalizzata a fini impropri e polemici». E ha aggiunto parole piuttosto sensate: «I cristiani che sentono la vocazione al servizio politico possono seguirla con pieno diritto, liberamente e responsabilmente, nella consapevolezza che sia il ministero di natura ecclesiale sia l’impegno politico chiedono un coinvolgimento totalizzante di tempo e risorse, dunque è bene siano nettamente distinti».Sacrosanto: i cristiani possono fare politica, come no, ma dovrebbero evitare di usare le parrocchie per fini elettorali. Il fatto che questo ragionamento cristallino abbia prodotto tanto sdegno già basterebbe a rivelare la malafede di molti che pensano di sfruttare l’ambiente diocesano per farsi una carriera. Ma la morale di questa storia va ben oltre le piccinerie locali e le diatribe da Mondo piccolo. Le disposizioni di Morandi - che speriamo vivamente non le edulcori e non arretri - sono una bella lezione per la Chiesa di oggi, la quale sembra tenere più alle discutibili cause terrene che a quelle spirituali. Di solito, per altro, l’impegno è orientato sempre nella medesima direzione e insiste sullo stesso tema.Risale giusto a un paio di giorni fa l’intemerata di monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara e Comacchio e presidente della Commissione per le migrazioni della Cei e di Migrantes, contro l’accordo siglato dal governo con l’Albania per la gestione degli stranieri irregolari. Più o meno nello stesso momento è tornato a farsi vivo anche il pretino don Mattia Ferrari, noto per aver agito come una sorta di pr di Luca Casarini presso le gerarchie ecclesiastiche. Una azione, la sua, che ha riscosso un certo successo, portando alla Ong Mediterranea il sostegno di vari vescovi e persino del Papa.Finché si tratta di propagandare l’immigrazione di massa o di adeguarsi ad altre mode mainstream, i prelati appaiono molto attivi e disponibili. Contribuendo a ridurre la Chiesa a una sorta di agenzia umanitaria molto impegnata nel sociale e un po’ meno nella cura delle anime. Il vescovo di Reggio Emilia sembra segnare una inversione di tendenza, per quanto cauta e moderata. Anche se il fumo del pensiero unico è già entrato nel tempio, rallentarne la diffusione resta una opera pia.
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