Matteo Salvini (Ansa)
Le conversazioni sembrano quelle di un comitato centrale dove non prevalgono le logiche della legge, del merito, della competenza e dell'esperienza, ma gli interessi e il tornaconto di chi siede ai vertici.
Giovanni Legnini, l'uomo del Pd che sussurrava ai magistrati la linea da tenere contro Matteo Salvini sul caso della nave Diciotti, dice che il suo interessamento - cioè dettare la reazione dell'Anm contro un ministro dell'Interno - fu doveroso. In una nota alle agenzie di stampa, dopo la pubblicazione della notizia sul nostro giornale, l'ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura sostiene che «si trattò di un intervento che rientra nelle competenze del Csm, svolto esclusivamente a tutela dell'indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, e che rifarei esattamente negli stessi termini». Poi, perché evidentemente la smentita non deve essergli apparsa abbastanza convincente.
Il caso Palamara è un pozzo nero senza fondo, da cui ogni giorno vengono a galla nuove rivelazioni sugli intrighi della magistratura. L'ultimo è un sms che le indagini attribuiscono a Giovanni Legnini, all'epoca dei fatti vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, cioè appena un gradino sotto Sergio Mattarella. E che dice l'uomo nominato da Matteo Renzi ai vertici dell'organismo di autogoverno delle toghe?

