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Giorgio Palù (Imagoeconomica)
- Le ammissioni a scoppio ritardato del capo dell’Aifa hanno un chiaro significato: è inutile continuare con la narrazione «terroristica» sul virus. Ammettiamo che l’idrossiclorochina funziona e facciamo mea culpa sulle vaccinazioni ai bambini.
- Presentato il dossier della Favo: il cancro costa al Paese oltre sei miliardi all’anno.
Lo speciale contiene due articoli.
Illustrissimo professor Palù, avrei voluto contattarla da qualche anno, avevo avuto modo di apprezzare la sua eleganza e la sua preparazione all’inizio della storia pandemica, quando i suoi interventi erano a mio modesto avviso puntuali e pieni di buon senso. Dopo essere diventato presidente dell’Aifa però la sua voce si è sentita molto poco, e quando lo ha fatto ha espresso posizioni, come nel caso della vaccinazione per il SarsCov2 nei bambini, che mi hanno lasciato sbigottito. È arrivato persino a ipotizzare l’obbligo vaccinale con questi prodotti nei bambini, per fortuna qualcuno non la ha ascoltata. Ma non è lei uno degli autori della ricerca pubblicata su Frontiers of Virology a febbraio del 2022, nel quale si dimostra la presenza di una sequenza di 19 basi nucleotidiche, nel genoma pubblicato del SarsCov2, oggetto di brevetto di Moderna nel 2017? E che questa sequenza ha una possibilità su 3 triliardi di essere casuale? Non ci ha quindi chiaramente detto pubblicandolo su una ottima rivista scientifica, che il virus non solo è sintetico, ma che usa una sequenza, che include il sito di clivaggio della furina umano, brevettata da Moderna per la ricerca sui tumori, che ne ha aumentato esponenzialmente la capacità infettiva? La stessa Moderna che ha poi prodotto i vaccini. Sembra la trama di Mission Impossible 2, il virus chimerico e la sua cura. Eppure, è reale, solo che non se ne parla, per ragioni che sfuggono alla mia comprensione. Forse nessuno lo ha detto chiaramente alla magistratura. Sentirla dire da Vespa l’altra sera, una ventata di verità, seppur parziale e ben costruita dialetticamente, è stata una sorpresa. Ha esordito dicendo che gli errori si commettono, specialmente di fronte a un virus nuovo, per poi spiegarci come non si siano ascoltati i presidenti delle Regioni all’inizio della pandemia. Ma la vera sorpresa è stata sul tema delle terapie, dove oltre all’ormai ben noto dilemma sull’uso degli antinfiammatori invece che tachipirina e vigile attesa, il cui senso medico e scientifico è a tutt’oggi sconosciuto agli eretici come me, è arrivato a citare, senza mai nominarla, la potenzialità di una cura a base di idrossiclorochina e lo scandalo del Lancet Gate sulla stessa. Idrossiclorochina, una parola talmente tabù, che non riesce a pronunciarla neanche lei, pur parlando dello studio retratto da Lancet perché completamente falso, che ne screditava l’efficacia. Accanto a lei è rimasto muto e visibilmente preoccupato il prof. Bassetti, forse si sarà ricordato quando sulla questione, proposta all’epoca da Salvini, sentenziò: «Studi clinici fatti seriamente su vasta scala hanno detto che l’idrossiclorochina non serve a niente, inutile continuare a dire alla gente che serve a qualcosa» e ancora «non facciamo stregoneria, è stata ampiamente bocciata e non serve a niente». Da Vespa è rimasto muto. Ubi maior, minor cessat.
La sua indubbia preparazione invece, non potrà non farle notare l’incongruenza del suo stesso discorso. Ha esordito con un «ci trovavamo davanti a un virus nuovo», per cui errare è parte del processo, per poi smentirne l’essenza con il ragionamento successivo, dove parla di esperienze pregresse con SarsCov e Mers che ci avevano insegnato il rischio nosocomiale di questi virus e le terapie che si erano già rivelate efficaci su virus di questo tipo. Quindi la logica vuole che non ci trovassimo di fronte a una entità, seppur sintetica, completamente nuova, ma a un virus respiratorio appartenente a una famiglia studiata da decenni, sia dal punto di vista terapeutico, che trasmissivo. Altro che non sapevamo cosa fare, l’eccellente prof. Raoult ha bruciato la sua carriera in Francia per aver osato dire la verità, la cura esiste, l’idrossiclorochina funziona, le cure esistono, ivermectina, iodopovidone, indometacina. Ma lo diceva Trump, non poteva essere vero. Invece sì, lo conferma lei. L’esistenza delle cure significa aver esposto i bambini a una sperimentazione dove il rapporto costo/beneficio non è semplicemente applicabile. Il beneficio è nullo, il rischio sconosciuto, saprà meglio di me che per ragioni di «definizione» questi prodotti a mRNA sono effettivamente delle terapie geniche, ma non sono definibili tali perché secondo l’Ema per definizione i vaccini a mRNA non lo sono. Quando si dice le parole plasmano la realtà.
Conosce perfettamente che gli studi di cancerogenicità e genotossicità non sono stati effettuati perché non richiesti dall’iter di approvazione scelto. E con tutte queste, e le altre conoscenze che lei ha, dubito che: «La prossima settimana vaccino ai bimbi, lo farò ai nipoti», sia poi divenuto realtà. Le auguro con il cuore di averlo detto, ma non averlo fatto. E se così fosse mi chiederei come può averlo detto al suo popolo?
Chissà che l’ora della verità non sia in arrivo, certo un segnale c’è stato, meglio tardi che mai.
«Guarire da un tumore non basta, bisogna alzare la qualità della vita»
La stesura di un regolamento che renda concretamente operativo il Piano oncologico nazionale (Pon) 2023-2027; l’identificazione un gruppo di coordinamento per la valutazione degli indicatori e la loro pubblicazione; la definizione di strumenti che consentano tempestive e mirate azioni correttive. Sono parte delle richieste del 15° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici illustrato ieri a Palazzo Madama alla presenza del vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, e del presidente della Commissione Affari Sociali alla Camera, Ugo Cappellacci, nell’ambito della XVIII Giornata nazionale del malato oncologico promossa da Favo, acronimo di Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia. Si tratta di un documento rilevante che, in primo luogo, esamina la situazione attuale. Che è quella che, in Italia, vede ogni anno qualcosa come 895.000 ricoveri per tumore, con una spesa annuale per i soli costi diretti ospedalieri pari a oltre 4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 2,5 miliardi di uscite per le prestazioni assistenziali. Di qui le richieste del Rapporto volte essenzialmente ad innalzare la qualità assistenziale loro offerta nel nostro Paese, affinché il Pon non resti lettera morta.
«Per assicurare la realizzabilità e l’allineamento del nostro Piano a quello europeo», ha dichiarato Francesco De Lorenzo, presidente di Favo, «è assolutamente indispensabile l’immediata attivazione delle reti oncologiche regionali e della rete nazionale dei tumori rari, conditio sine qua non per la presa in carico complessiva dei malati di cancro e per garantire loro la migliore qualità di vita possibile».
«Alla guarigione clinica», ha aggiunto De Lorenzo, «spesso si accompagnano infatti disabilità, fisiche e psicosociali, recuperabili proprio attraverso programmi di riabilitazione. Ciò è necessario per restituire alla persona guarita una vita piena e soddisfacente, ma anche un dovere e una responsabilità collettiva per garantire un uso appropriato delle risorse».
Nell’incontro di ieri, si sono anche delineati dei programmi concreti da perseguire e che potrebbero avere significativi, anzi enormi benefici per la società. Per esempio quello d’una riduzione del 6-8% della mortalità per tumore, che determinerebbe in Italia 10.000-14.000 decessi in meno ogni anno. «Questo può essere l’obiettivo della sanità pubblica per un’adeguata strategia di controllo del cancro, attenta ad ogni fase», ha dichiarato Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica.
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Roberto Speranza (Ansa)
- Le paranoie sulla Cina ce lo ricordano: fino a poco tempo fa, vivevamo da prigionieri. Green pass, vaccino obbligatorio, multe, zone rosse: la cronistoria di 12 mesi di follia.
- Politici, tecnici e opinionisti hanno dato il peggio: «Fate pagare il ricovero ai non vaccinati». E certi vescovi negavano l’ostia.
Lo speciale contiene due articoli.
Il battage sull’ondata di Covid in Cina ci rammenta che le restrizioni non sono un incubo lontano. In realtà, ci hanno accompagnato per una buona parte di questo 2022. L’anno dei «migliori», l’ultimo di Mario Draghi a Palazzo Chigi e di Roberto Speranza al ministero della Sanità. Rievochiamo gli avvenimenti di questi 365 giorni, dalla prigionia fino alla liberazione quasi totale, per ricordare quali abusi sono stati perpetrati, dietro la foglia di fico della scienza. La lista sarà inevitabilmente incompleta: ne hanno combinate troppe.
5 GENNAIO
L’anno si apre con l’ok al decreto sull’obbligo vaccinale per gli over 50, che prevede multe da 100 euro per gli inadempienti. Sarà in vigore fino al 15 giugno. Se rifiuteranno le iniezioni, gli ultracinquantenni perderanno il diritto al lavoro, come, prima di loro, sanitari, membri delle forze dell’ordine e personale scolastico.
10 GENNAIO
Al picco dell’ondata di Omicron, entra in vigore il decreto del 29 dicembre 2021. La norma impone il super green pass pressoché ovunque. Inclusi i mezzi, i ristoranti all’aperto, gli hotel, gli impianti sciistici.
19 GENNAIO
La Consulta boccia un ricorso presentato da alcuni parlamentari privi di super green pass, che rimarranno bloccati nelle isole a causa delle nuove regole e non potranno votare per l’elezione del capo dello Stato. Lo stesso giorno, il Consiglio di Stato sospende la sentenza del Tar del Lazio, che aveva bocciato la circolare del ministero della Salute su paracetamolo e vigile attesa.
21 GENNAIO
Arriva un decreto che regola la partecipazione dei grandi elettori, positivi o in isolamento, alle votazioni per il presidente della Repubblica: saranno allestiti seggi drive in a Montecitorio. Il 24 gennaio, alla deputata no vax Sara Cunial sarà impedito di votare.
31 GENNAIO
Il cdm proroga di dieci giorni l’obbligo di mascherine all’aperto e la chiusura delle discoteche, anche in zona bianca - ricordate? Esistevano ancora le zone a colori, introdotte da Giuseppe Conte a novembre 2020.
1 FEBBRAIO
Per gli over 50 non in regola con il vaccino parte l’iter sanzionatorio.
7 FEBBRAIO
Arriva il mega green pass, cioè la tesserina verde senza scadenza, che si ottiene con tre dosi di vaccino, o due dosi più la guarigione dal Covid. Viene introdotto il lockdown per i soli no vax: a chi ha porto il braccio, è consentito fruire dei servizi e delle attività limitati o sospesi anche in zona rossa. Subentra pure un nuovo protocollo nelle scuole: nelle primarie, la didattica a distanza scatterà dopo il quinto caso di Covid in classe, ma solo per chi non è vaccinato, oppure ha ricevuto la seconda dose da oltre 120 giorni; nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, la Dad partirà dai due casi di positività. È un obbligo surrettizio di booster per i ragazzini. Come se non bastasse, il governo partorisce un’incredibile gabola discriminatoria: negli alberghi e nei ristoranti, sarà consentito l’ingresso agli stranieri privi di super green pass. Non ai cittadini italiani.
9 FEBBRAIO
Il Consiglio di Stato accoglie la linea del ministero su paracetamolo e vigile attesa, sostenendo che «la reale portata della circolare ministeriale» e delle raccomandazioni Aifa è stata esagerata, poiché esse «non contengono prescrizioni vincolanti per i medici».
11 FEBBRAIO
Decade l’obbligo di mascherine all’aperto, ma bisognerà «avere sempre con sé i dispositivi di protezione delle vie respiratorie», indossandoli «laddove si configurino assembramenti». E, al chiuso, fino al 31 marzo.
2 MARZO
Un dpcm prolunga la «validità tecnica» del codice a barre del green pass: esso rimarrà in funzione per 540 giorni. Prima di questa scadenza, la piattaforma nazionale emetterà un nuovo pass, valido altri 540 giorni, dandone comunicazione all’intestatario. Il provvedimento è tutt’ oggi in vigore.
10 MARZO
Dopo due anni, si può tornare a far visita ai familiari in ospedale, indossando una Ffp2. Purché si sia stati vaccinati con tre dosi, oppure con due da meno di sei mesi, o si sia guariti dal Covid.
24 MARZO
Dopo le pressioni dei partiti del centrodestra nel governo Draghi, arriva l’agognata «road map per le riaperture». Lo stato d’emergenza cesserà di lì a una settimana e, con esso, spariranno il Comitato tecnico scientifico e la struttura commissariale. Tuttavia, vengono prorogati l’obbligo di mascherina al chiuso, sui mezzi e persino per l’accesso agli impianti sciistici, fino al 30 aprile. Per tutto il mese seguente, viene conservato l’obbligo di green pass base in molte attività e di super green pass in alberghi, ristoranti, mostre e mezzi di trasporto a lunga percorrenza: si prospetta una Pasqua con il certificato rafforzato. L’obbligo vaccinale per i sanitari viene prorogato al 31 dicembre. Dal primo aprile, agli over 50 non sarà più richiesto il super green pass sul luogo di lavoro.
31 MARZO
Cessa lo stato d’emergenza. Durava dal 31 gennaio 2020.
1 MAGGIO
Sparisce l’obbligo di green pass, tranne che per ospedali e Rsa. I dipendenti del settore pubblico e di quello privato continueranno a indossare le mascherine fino al 30 giugno.
6 MAGGIO
L’Europarlamento proroga la validità del green pass europeo fino al 30 giugno 2023.
15 GIUGNO
Decade l’obbligo vaccinale per over 50, insegnanti e forze dell’ordine. Cessa l’obbligo di mascherine al chiuso, tranne che sui mezzi pubblici, fino al 30 settembre.
31 AGOSTO
I prof non vaccinati possono tornare a insegnare.
30 SETTEMBRE
A 24 ore dalla scadenza della norma e cinque giorni dopo le elezioni vinte dal centrodestra, Speranza proroga di un mese l’obbligo di mascherine in ospedali e Rsa. Il suo ultimo colpo di coda.
1 OTTOBRE
Cessa l’obbligo di mascherine sui mezzi pubblici.
10 OTTOBRE
Janine Small, responsabile per i mercati internazionali di Pfizer, viene audita dalla commissione d’inchiesta dell’Europarlamento al posto del suo «fuggiasco» ceo, Albert Bourla. L’esponente della casa farmaceutica ammette: il vaccino anti Covid non è mai stato testato per la capacità di arrestare la trasmissione del virus.
22 OTTOBRE
S’insedia il governo Meloni.
27 OTTOBRE
Fdi annuncia un emendamento per annullare le multe ai non vaccinati. L’approvazione della misura, però, si rivela complicata. Alla fine, nel dl Rave, verrà infilata la sospensione delle sanzioni fino al 30 giugno 2023.
28 OTTOBRE
Il nuovo ministro della Sanità, Orazio Schillaci, annuncia il reintegro dei sanitari non vaccinati sospesi.
31 OTTOBRE
Schillaci proroga fino a fine anno l’obbligo di mascherine in ospedali e Rsa.
2 NOVEMBRE
Medici e infermieri sospesi tornano a lavoro, ma parte una campagna mediatica diffamatoria. E anche le vessazioni negli ospedali.
30 NOVEMBRE
Si tiene l’udienza pubblica della Consulta sui ricorsi contro l’obbligo vaccinale, preceduta da un editoriale sulla Stampa a favore del decreto Cartabia, vergato dall’ex portavoce della Corte stessa, Donatella Stasio.
1 DICEMBRE
La Corte boccia i ricorsi: le «scelte del legislatore» sono giudicate «non irragionevoli, né sproporzionate».
13 DICEMBRE
Gli emendamenti di Lega e Fdi al decreto Rave sospendono le multe ai non vaccinati, aboliscono il green pass in Rsa e ospedali e cancellano l’obbligo di tampone per i pazienti dei pronto soccorso. Stop anche all’obbligo di tampone negativo al termine di cinque giorni di isolamento, per i positivi senza sintomi.
26 DICEMBRE
L’ondata di contagi in Cina semina il panico in Occidente. Malpensa introduce i tamponi per i passeggeri dal Paese asiatico. Si teme che dal Dragone arrivi una «variante cattiva».
28 DICEMBRE
Schillaci impone i tamponi a chi arriva dalla Cina.
29 DICEMBRE
Il ministro riferisce in Senato. Nei test in aeroporto non c’è traccia della variante.
30 DICEMBRE
Circolare del ministero: se l’epidemia peggiora, il governo «consiglierà» le mascherine e limiterà gli assembramenti. Si riavvolge il nastro?
«Ai medici renitenti spilletta sul camice». I 365 giorni d’odio di stampa e virostar
Mentre ancora risuonavano le parole del capo dello Stato, «non dobbiamo scoraggiarci. Si è fatto molto», che Sergio Mattarella pronunciò nel discorso di fine anno, il 3 gennaio 2022, il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, suggeriva «la più vasta campagna di vaccinazione possibile per la popolazione studentesca», per non tenere a casa i bambini. «Nella fascia 12-19 anni sono già il 75% i ragazzi vaccinati e credo sia giusto garantire il più possibile la didattica in presenza a questa platea importante», dichiara l’allora sottosegretario alla Salute, Andrea Costa. Gli altri andavano puniti con la Dad.
Vaccino a oltranza. È stata questa la soluzione più volte prospettata nel tormentato anno 2022, che stiamo abbandonando con pochi rimpianti. L’appello a secondi o terzi richiami è tornato pressante, in queste ultime ore. L’ex premier, Mario Draghi, in conferenza stampa, a gennaio, sosteneva: «Non dobbiamo perdere di vista che gran parte dei problemi che abbiamo oggi dipende dal fatto che ci sono dei non vaccinati». Un numero irrisorio, però usato come pretesto per giustificare ogni restrizione.
Persino un monsignore dell’alto Casertano, Giacomo Cirulli, trovò giusto inviare l’8 gennaio una circolare a tutte le parrocchie delle sue due diocesi, scrivendo: «Proibisco la distribuzione dell’eucarestia da parte di sacerdoti, diaconi, religiosi e laici non vaccinati».
Sui vaccini, guai a sollevare dubbi. Quelli a mRna «si sono rivelati i più efficaci e su cui non c’è da avere nessun dubbio rispetto a interferenze geniche e genetiche», dichiarerà ai primi di febbraio Nicola Magrini, dg di Aifa. La farmacovigilanza, in dodici mesi ci ha detto ben poco sugli eventi avversi che hanno tolto la salute a troppi.
Accompagnati dall’esasperante conteggio quotidiano, di infettati e morti, eravamo solo in attesa della sospirata fine dello stato di emergenza, fissata al 31 marzo. Prima, però, erano riservate nuove vessazioni. «Ridurre l’area dei non vaccinati è davvero fondamentale, ci può consentire di alleggerire la pressione sugli ospedali, salvare tantissime vite umane», dichiarava l’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, spiegando la scelta dell’obbligo vaccinale per gli over 50.
La sanzione pensata per i disobbedienti sembrava poca cosa. Agostino Miozzo, ex coordinatore del Cts, si indigna: «Multe ai non vaccinati da 100 euro una tantum? Ci vorrebbe l’arresto, oppure paghino un giorno di terapia intensiva dove un giorno di ricovero costa 1.500 euro».
Un paio di settimane dopo, l’allora consigliere del ministro, Walter Ricciardi, sosteneva: «Oltre a vaccinare tutti, bisognerebbe fare i tamponi alla stragrande maggioranza degli italiani e isolare gli infetti. Se ne uscirebbe in otto giorni. È un’operazione che tutti dicono sia impossibile, ma i cinesi per un caso testano 10 milioni di persone». Per come si trova oggi la Cina, potete ben capire l’assurdità di quelle affermazioni.
Nel frattempo, si sprecavano le illazioni. L’immunologo Sergio Abrignani chiede: «Siamo pronti in Italia, dopo il picco atteso per fine gennaio (quando la curva dei contagi dovrebbe scendere), a tollerare 3-4.000 decessi per Covid al mese per quattro-cinque mesi l’anno in cambio di una vita di nuovo “normale”?». Roberto Burioni dichiara: «Bisogna dire che questo vaccino, che c’è ora, sta funzionando in maniera fantastica: la protezione contro la malattia grave, dopo tre dosi, è altissima». Conveniva l’infettivologo Matteo Bassetti, affermando a distanza di qualche giorno: «Una eventuale variante più aggressiva sarebbe comunque governata dall’immunità che abbiamo sviluppato». Adesso, consigliano i doppi richiami.
Però i sanitari erano tenuti all’obbligo vaccinale, così pure gli over 50, per giunta beffati dalle parole del ministro della Salute. «Noi stiamo riuscendo a piegare la curva sostanzialmente senza restrizioni invasive per la vita delle persone. Ci siamo riusciti proprio grazie a strumenti come la campagna di vaccinazione e il green pass», ebbe la faccia tosta di dire Speranza.
Lavoro, spostamenti, vita sociale rimanevano vincolati al possesso dei lasciapassare, che a detta di Ricciardi «ci consentono di frequentare gli ambienti al chiuso, che sono quelli più rischiosi, in maniera sicura, cioè essendo sicuri che chi è vicino a noi non è infetto e che naturalmente non può contagiarci». Una balla colossale, i bollettini dell’Iss si riempirono di tabelle con i dati dei tridosati infettati. Quando il governo annuncia che il 31 marzo sarebbe terminato lo stato di emergenza, l’ex direttore di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, si dice contrario a togliere la carta verde. «Non c’è nessuna contraddizione tra il mantenimento del green pass» e le aperture, protesta, invocando il perdurare di quella «garanzia».
Il 9 marzo, commentando la crescita dei contagi, Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, sostiene che «è pura follia pensare di abbandonare l’utilizzo delle mascherine al chiuso, fondamentali per contenere il più possibile la trasmissione del contagio, vista anche la limitata efficacia del vaccino nel ridurre il rischio di infezione». Diversi Paesi europei, a quell’epoca, avevano già rimosso l’obbligo.
Maggio trascorre all’insegna dell’allarme vaiolo delle scimmie, ma il Covid non finisce in secondo piano. Il 24 giugno, la veterinaria Ilaria Capua spiega che «dovremo aggiustare le nostre vite alla presenza di questo nemico diventato subdolo». A luglio dirà: «Dobbiamo aspettarci che gli animali si infettino e dobbiamo stare attenti», in quanto i virus «potrebbero anche essere più aggressivi». Due giorni fa, ci ha ricordato che «purtroppo la pandemia non è finita».
Passata l’estate, tra curve dei contagi che salgono e che scendono, nel caldo infernale degli anticicloni Caronte e Apocalisse, in compagnia pure del virus West Nile e dei funghi killer, a pochi giorni dalle elezioni il direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi, Fabrizio Pregliasco, avverte che «sarebbe una buona cosa igienizzare la matita che si utilizza per il voto». Per non dimenticarci del Covid, mai.
Ai primi di novembre, il governo decide di anticipare la fine dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario e le proteste, anche surreali, impazzano. Giancarlo Loquenzi, di Radio 1 Rai, vaneggia: «Reintegrate pure i sanitari sospesi perché contrari al vaccino, ma, per favore, chiedete loro di indossare una spilletta “no vax”. Vorrei poterli riconoscere». Cartabellotta suggerisce: «Gli farei fare un corso tipo quelli che si fanno quando perdi la patente». «Se mi viene a curare un medico che era contro il vaccino, lo vorrei sapere», esterna la sua preoccupazione Giovanni Floris, cianciando di salute con Fabio Fazio.
Il 27 dicembre, Ricciardi dichiara sul Messaggero: «In una fase come quella della pandemia, la cabina di regia unica ha enormemente alleggerito gli elementi di iniquità e diseguaglianza che purtroppo dalla riforma costituzionale del 2001 sono una costante». Abbiamo la certezza che sia avvenuto l’esatto contrario.
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Cade il governo e gli ordini professionali cambiano linea. Dopo aver umiliato chi ha scelto di non vaccinarsi, adesso chiedono «con urgenza» di reintegrare i «renitenti». E di esonerare la Federazione dai controlli.
La notizia è talmente curiosa da insospettire. Viene quasi da pensar male, da supporre maliziosamente che - vista l’arietta appena meno viziata che tira dalle parti di Palazzo Chigi - la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) stia cercando di adeguarsi. Ma probabilmente, ripetiamolo a scanso di equivoci, si tratta della nostra cattiva immaginazione: figurati se un’organizzazione così rispettabile si prende la briga di seguire le beghe politiche.
Comunque sia, la Fnomceo ha deciso di tornare a occuparsi dell’obbligo vaccinale a cui sono sottoposti i suoi iscritti e tutti i sanitari. Solo che stavolta, a differenza del passato, ha espresso considerazioni apparentemente più morbide. Il consiglio nazionale della federazione, infatti, ha approvato all’unanimità una mozione che sarà inviata ai ministri della Salute e della Giustizia e al presidente del Consiglio superiore della magistratura. Il testo è estremamente interessante.
Per gran parte del documento, infatti, i vertici dell’ordine si battono da soli vigorose pacche sulle spalle. Essi rilevano «con soddisfazione che la quasi totalità dei professionisti iscritti agli Omceo ha adempiuto agli obblighi di legge e, ad oggi, solo 4.432 sono stati sospesi sul totale di 468.411 per non essersi sottoposti alla vaccinazione anti Covid prevista per legge». Come a dire: visto quanto siamo stati bravi? Appena un centesimo o poco meno dei nostri iscritti ha rifiutato il vaccino ed è stato sospeso, siamo stati davvero obbedienti. Non a caso, qualora aveste dei dubbi, la Fnomceo ci tiene a ribadire che «il vaccino contro il Covid» è «uno strumento fondamentale per ridurre la diffusione della pandemia e conseguentemente la mortalità soprattutto dei soggetti più fragili». Tutto molto bello e commovente. Vedere che un ordine si compiace di aver tolto lavoro e stipendio a quasi 4.500 persone è senz’altro un segno di enorme civiltà.
Ma attenti, perché adesso viene la parte più suggestiva. La mozione fresca di approvazione contiene un passaggio in cui si specifica che «l’evoluzione epidemiologica della pandemia è tale da poter consentire, in assenza di una nuova fase emergenziale, di tornare ad una ordinaria gestione del rischio biologico e della sicurezza delle cure al cittadino lasciando agli Ordini territoriali il compito di valutare i comportamenti dei colleghi sotto il profilo deontologico». Che cosa significa?
Lo spiega il mirabolante Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, al Quotidiano Sanità. «È il momento di tornare alla normalità», dichiara. «Gli ordini hanno svolto un’opera di supplenza, con responsabilità, quali enti sussidiari dello Stato, senza la quale non sarebbero stati raggiunti gli obiettivi e gli effetti positivi della legge. Ora devono tornare a svolgere il loro ruolo di garanti della professione medica, che deve essere esercitata nel rispetto delle norme deontologiche. Quindi è il momento di sollevare gli ordini dal controllo dell’adempimento dell’obbligo, lasciando in capo a loro solo il compito, che compete loro, delle valutazioni deontologiche e dei procedimenti disciplinari».
Davvero incredibile. Alla fine di luglio del 2022, gli ordini dei medici si destano dal sonno e dicono che è il momento di farla finita con la paranoia, che bisogna tornare alla normalità, e che loro non vogliono più occuparsi di sorvegliare e punire i professionisti non vaccinati. Non è tutto. La Fnomceo rileva che alcune recenti ordinanze e decisioni della magistratura amministrativa e ordinaria hanno messo in luce «elementi di incertezza» sull’applicazione del decreto che impone l’obbligo, «pervenendo, in alcuni casi, a interpretazioni contrarie a ogni evidenza scientifica».
Il riferimento è molto probabilmente alla decisione del Tribunale di Firenze di reintegrare una psicologa non vaccinata. In quel caso, il giudice ha emesso una ordinanza pesantissima, che in gran parte demoliva l’impianto dell’obbligo.
Date queste premesse, la Federazione degli ordini dei medici ha stabilito di rivolgersi al ministero della Salute affinché «nelle more di una revisione legislativa della materia, fornisca, con urgenza, quelle indicazioni operative, più volte sollecitate, indispensabili per una uniforme attività ordinistica e necessarie a superare le incertezze e i dubbi, dando, in particolare, risposta alle richieste espresse da tutte le Federazioni sanitarie, circa l’individuazione delle modalità di corretta applicazione del dl 44/2021, in particolare riguardo alla tempistica della procedura vaccinale nei soggetti che hanno contratto l’infezione da virus Sars Cov2».
Per farla breve, i nostri luminari chiedono al ministero di esprimersi una volta per tutte sul rientro al lavoro dei professionisti non vaccinati. E, nel farlo, suggeriscono che ci siano alcuni dubbi sull’applicazione del decreto apposito.
Capite bene che questa iniziativa suscita più di una perplessità. Per prima cosa, viene da domandarsi se i nostri eroi non potessero farsi sentire prima, visto che da settimane i medici e i direttori sanitari che operano sul campo chiedono di potersi avvalere almeno dei colleghi guariti. A colpire, inoltre, è il metodo. Per condannare la sentenza che criticava l’obbligo, la Fnomceo tira in ballo l’evidenza scientifica negata. Eppure, subito dopo, chiede un chiarimento politico al governo. Quindi la faccenda è scientifica o politica? Sorge il dubbio che - al solito - l’evidenza scientifica sia usata per puntellare decisioni politiche, ma in una direzione sola. Vogliono, di grazia, i cari medici spiegarci su quali basi scientifiche si fondi l’obbligo vaccinale? E se non si fonda su basi scientifiche ma soltanto politiche e giuridiche - come pare di capire dalla mozione - a che titolo i cari dottori criticano la sentenza emessa da un tribunale? Mistero.
Per altro, giova ricordare che - pochi giorni fa, a governo Draghi ancora prepotentemente in sella - sono stati proprio gli Ordini dei medici a ragliare contro chi si è sottratto all’obbligo. L’Ordine di Firenze, ad esempio, ha scritto in un comunicato che «la vaccinazione è un obbligo morale degli esercenti le professioni sanitarie», dunque «non ci sono e non ci devono essere eccezioni». Parole analoghe sono giunte dal succitato Filippo Anelli. Eppure, guarda un po’, è bastata una settimana a suggerire una modifica della rotta.
Nella mozione della Fnomceo, in ogni caso, ci sono almeno due nodi fondamentali. Il primo è, appunto, la richiesta di cambiare rotta sulla sospensione dei medici non vaccinati. Il secondo, forse ancora più esplosivo, è l’esplicita ammissione del fatto che l’emergenza non esiste. Lo scrivono, lo dettagliano. E se persino i dirigenti dell’ordine affermano una cosa del genere, con quale faccia i presunti esperti continuano ad andare in giro a spargere panico? Con quale fegato i vari politicanti inetti insistono a giocare sulla paura della popolazione?
Il dramma, purtroppo, è sempre lo stesso: a proferire l’ultima parola sull’obbligo vaccinale sarà un ministro che dell’evidenza scientifica non ha mai tenuto conto, e che ora ha perso pure la minuscola legittimazione politica di cui godeva fino all’altro giorno. Tocca, per l’ennesima volta, riconfermare l’antica certezza: la vera emergenza la creano coloro che l’emergenza avrebbero dovuto gestirla.
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Ansa
L’emergenza è finita, ma il ministero continua a utilizzare lo stesso approccio. Rischiando di portare il Paese al collasso.
Mentre le autorità di vigilanza europee si stanno chiedendo se inseguire il virus invece di anticiparlo sia la strategia giusta nell’interesse della salute pubblica, l’Oms continua a lanciare allarmi e a suggerire soluzioni insistendo con il modello Covid zero. Lo stesso modello poi adottato dalla Cina che ha visto il totale fallimento della strategia di lockdown-lampo per fermare i contagi delle megalopoli. Anche in Italia il ministero della Salute sembra voler insistere sulla stessa strada, improvvisando.
E senza accettare il fatto che se non si cambiano subito i protocolli, non solo si manderanno in tilt le già precarie strutture sanitarie ma si darà anche il colpo di grazia all’economia già alle prese con l’impatto dell’inflazione e della crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina.
Invece si continuano a gestire le infezioni da Covid senza fare differenze tra chi si infetta e chi si ammala. Il problema è che, o si trova un vaccino che ferma le infezioni (ma quello del vaccino universale è ancora un miraggio) oppure si continua a inseguire il Covid in maniera indistinta minacciando a singhiozzo nuove chiusure e limitazioni devastanti per la ripresa. Qualcuno, adesso, avanza nuove soluzioni come il far circolare il virus tra i più giovani proteggendo i soggetti fragili. Benissimo, cosa vuol dire proteggere i fragili? Chiuderli in casa? Mettere in quarantena un fragile sessantenne che lavora? Creare dei Covid hotel dove spostarli temporaneamente? Non si sa. Al netto delle circolari scritte in burocratese e dell’infodemia che viene alimentata dalle varie virostar in tv e sui giornali, cosa vuol fare il ministero in concreto? Come intende procedere con la somministrazione dei nuovi trattamenti antivirali come il Paxlovid, acquistati ormai da mesi ma ancora poco utilizzati perché il piano terapeutico resta troppo complesso e alcuni medici di famiglia non vogliono assumersi la responsabilità di consigliarli?
La media nazionale dei trattamenti con antivirali avviati per gli isolati a domicilio nell’ultima settimana risulta essere pari a 1.218 trattamenti ogni 100.000 abitanti. Quelli che oggi al ministero, ma non solo, gridano «allarme» sono gli stessi che hanno fallito già due, tre, quattro volte di seguito. Se fossimo in guerra avremmo già perso perché guidati da generali che perdono le battaglie.
Come quella sul campo della logistica, a giudicare da come è stata complicata la somministrazione delle terze dosi chiudendo prima gran parte degli hub e poi riaprendoli in fretta e furia.
Lo abbiamo sottolineato più volte: è stato sbagliato pensare di affrontare una emergenza diventata «ordinaria» con strumenti di routine che c’erano prima che scoppiasse. Detto in altri termini, se devo vaccinare ogni tot tutta la popolazione, devo trasformare gli strumenti messi in piedi durante l’emergenza in strumenti «ordinari». Come fanno i pompieri che, anche se non c’è un incendio in corso, non è che smettono di fare i pompieri, son sempre pronti a intervenire. Così non è stato fatto.
Si insiste di nuovo con il coinvolgere medici e farmacie, le Regioni tornano a ostentare gli «open day» e si leggono titoli sul piano del governo di «riapertura degli hub». Uno ogni 50.000 abitanti, integrati da altri punti vaccinali presso strutture sanitarie stanziali come presidi ospedalieri, case della salute, medici di medicina generale e farmacie, viene assicurato nelle linee di indirizzo sull’estensione della platea vaccinale agli over 60 destinataria del secondo booster inviate alle Regioni dal generale Tommaso Petroni, il successore di Francesco Figliuolo. La platea è stimata in circa 12 milioni, ai quali sottrarre chi sarà guarito. E per quanto riguarda la campagna per le quarte dosi degli over 60, appena varata, l’Unità di completamento della campagna vaccinale che ha sostituito la struttura commissariale ha dato alle Regioni l’obiettivo di 100.000 dosi al giorno. Ebbene, giovedì scorso non si arrivava a 22.000, con una media settimanale di poco più di 21.000 dosi. Non solo. A oggi, in Italia ci sono circa quattro milioni di over 80 che sono idonei a ricevere la quarta dose, avendo fatto la terza dose almeno 120 giorni prima. Di queste persone idonee, solo un milione ha fatto effettivamente il secondo richiamo.
Invece di imparare dagli errori del passato, il copione non cambia, in una eterna coazione a ripetere. E se il Covid richiederà un richiamo annuale del vaccino, iniziare adesso a ragionare su come andrà impostata la logistica delle prossime campagne seppure periodiche o magari a rotazione, ovvero non tutte insieme. Per la popolazione generale, come si andrà avanti quando finalmente la pandemia si trasformerà in endemia? Ci sarà una spinta verso i vaccini «universali», ovvero quelli che colpiscono parti di virus che non mutano rapidamente come la proteina Spike? Insomma, cosa succederà dopo? Le domande sono molte e le risposte ancora assai poche.
Di certo, dovrà essere fatta una programmazione degli acquisti dei prossimi vaccini aggiornati. E anche se tra poco i vaccini attuali saranno fuori produzione, sostituiti da quelli di nuova generazione, bisognerà comunque continuare a monitorare le varianti con il tracciamento dei contagi.
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