La famiglia Paladino, padre Cesare in testa e le figlie Cristiana e Olivia (compagna del premier Giuseppe Conte), ha avviato con la banca Unicredit la procedura di ristrutturazione e risanamento del debito del gruppo che amministra. I Paladino sono proprietari dello storico Grand hotel Plaza di Roma (un 5 stelle lusso al momento chiuso per ristrutturazione). Come emerge dai documenti delle società Immobiliare Splendido e della controllante Archimede Immobiliare (la capofila della galassia è la Agricola Monastero Santo Stefano Vecchio), i Paladino, riporta Milano finanza, avrebbero già definito gli accordi. Per la precisione, a essere parte della pratica, per un rimodulazione del debito complessivo di 57,63 milioni di euro, sono le società Immobiliare Splendido e la Archimede immobiliare. Il progetto con la banca milanese, cui spettano circa 20 milioni, prevede la dismissione di asset per un ammontare di 24,8 milioni. Sono quindi stati predisposti due piani, il primo per Archimede e il secondo per Immobiliare Splendido (con scadenze rispettivamente 2026 e 2030), che stabiliscono l'integrale saldo di quanto dovuto al Fisco e alla giunta romana con pagamenti su base pluriennale. Tra i creditori, infatti, ci sono anche l'Agenzia delle entrate, gli istituti di previdenza e il Comune di Roma. Capitolo fisco: la cosiddetta «rottamazione ter», varata dal Conte uno, ha permesso la rateizzazione senza multe e interessi di 27 milioni di euro. Però quando mancavano ancora 15 milioni da versare, i Paladino hanno smesso di pagare chiedendo che le dieci rate venissero trasformate in 18. Per quanto riguarda l'Inps non bisogna dimenticare che la Procura di Roma ha aperto un'indagine a carico del «suocero» di Conte che non avrebbe pagato i contributi ai dipendenti. Ma c'è anche la più nota vicenda legata al mancato versamento della tassa di soggiorno al Comune di Roma, per un importo di circa due milioni, somma che il proprietario del Plaza avrebbe dovuto bonificare tra il 2014 e il 2019, e che invece aveva trattenuto. Circostanza che si è conclusa prima con il patteggiamento a un anno e due mesi per peculato, poi grazie al Decreto rilancio quel reato è stato depenalizzato. La sentenza è stata poi revocata e Paladino quindi eviterebbe anche la super multa, perché al momento dei fatti la riforma non era ancora in vigore. L'impegno economico per la ristrutturazione del debito è garantito dalla dismissione di immobili a Roma e di un castello a Torre Sabina (Rieti) e anche dall'incasso del canone di affitto di 5,5 milioni che tornerà a essere versata dalla società che gestisce il Plaza. La struttura negli ultimi mesi è stata al centro delle cronache anche per i racconti degli ex dipendenti per il mancato pagamento degli stipendi. E ora arriva l'ennesima stoccata dall'ex chef executive André Evans, il quale sul suo profilo Facebook ha scritto in un italiano sgangherato: «E noi ex dipendente aspettiamo ancora la liquidazione non percepito ma dichiarato nel unico dati falsati, aspettiamo il legge a fare il suo percorso... Bravo Cesare e Olivia della vostra onesta... Sotto le scarpe».
Un borsone da palestra in tempo di dpcm da Covid e una scorta da fidanzata del presidente del Consiglio. Due elementi che fanno diventare un caso da Procura la fuga di Olivia Paladino, pallida e bionda compagna di Giuseppe Conte.
«Abbiamo presentato un'interrogazione al ministro Luciana Lamorgese perché chiarisca i contorni di una vicenda che, se confermata, sarebbe gravissima» hanno annunciato i senatori della Lega, William De Vecchis e Gianfranco Rufa, che hanno firmato l'interrogazione per avere chiarimenti sulla richiesta dell'intervento della scorta da parte della signora Paladino per sfuggire ai cronisti delle Iene. La vicenda era stata anticipata da un articolo de La Verità lo scorso 30 ottobre, in cui si parlava delle proteste di alcuni lavoratori del Grand hotel Plaza di proprietà di Cesare Paladino (padre di Olivia) che non pagherebbe gli stipendi ma anche di un esposto sul presunto intervento della scorta del premier a difesa della donna incalzata dalle domande dell'inviato della trasmissione Mediaset, Filippo Roma. Tutto testimoniato da un video, poi pubblicato su Dagospia che mostra la compagna di Giuseppe Conte in un supermercato di piazza Fontanella Borghese, nel cuore della Capitale, a due passi dall'hotel paterno, dove sembra essersi rifugiata per sfuggire al giornalista.
Prima dell'interrogazione dei senatori leghisti, infatti, già Roberta Angelilli, ex eurodeputata e componente dell'esecutivo di Fratelli d'Italia, aveva presentato un esposto ai magistrati per segnalare «la necessità dell'intervento della pubblica autorità per la presenza di condotte che potrebbero essere contrarie alla legge perché se effettivamente la Paladino avesse usufruito di agenti della scorta del presidente del Consiglio, si sarebbe verificato un uso improprio di personale con funzioni di sicurezza relative a soggetti che ricoprono funzioni pubbliche». E la Angelilli chiedeva di «valutare gli eventuali profili d'illiceità penale e, nel caso, di individuare i possibili soggetti responsabili al fine di procedere nei loro confronti».
Tanto più che gli agenti di sicurezza che devono fornire la protezione necessaria «a persone che ricoprono incarichi istituzionali nazionali ed esteri» sarebbero stati «usati» per non far rispondere la Carolyn Bessette de' noantri a una domanda scomoda: in quale palestra andava ad allenarsi proprio il giorno dopo che il suo compagno Conte aveva firmato un dpcm che chiudeva tutte le strutture sportive d'Italia?
Ma se la sua fidanzata scappa dai servizi televisivi a tornare sotto i riflettori è suo suocero Cesare, imprenditore e proprietario del Grand hotel Plaza di via del Corso. Paladino, infatti, non avrebbe pagato centinaia di bottiglie di ottimo prosecco, consegnate al suo cinquestelle. Si tratta di circa 5.000 euro che Sandro Bottega, produttore di vini e grappe di Godego di Sant'Urbano, tra Conegliano e Vittorio Veneto, aspetta da un anno.
All'inizio del 2019 la Bottega ha cominciato a fornire prosecco al Plaza, con pagamenti previsti a 60 giorni. Ma da allora nessuna fattura è stata onorata. L'azienda del nordest ha prima segnalato garbatamente il ritardo, poi ha sollecitato per tre volte, infine ha mandato una diffida minacciando le vie legali.
Un anno di silenzio fino al 30 settembre quando il tribunale di Treviso ha emesso un decreto ingiuntivo che però non è stato notificato a nessuno perché il Grand hotel Plaza è chiuso.
Domenica scorsa è scoppiato un parapiglia davanti a un piccolo supermercato di via Fontanella Borghese, nel pieno centro di Roma. L'inviato delle Iene, Filippo Roma, stava inseguendo Olivia Paladino e la compagna del premier Giuseppe Conte si è rifugiata nel negozio. Dopo un po' sono intervenuti alcuni soggetti che avevano tutta l'aria di far parte della scorta del presidente del Consiglio a portare in salvo la donna. Un testimone oculare ci racconta: «Le volevano chiedere di alcune presunte agevolazioni ricevute dal padre della Paladino, Cesare (amministratore dell'hotel Plaza ndr). La scena è durata 15-20 minuti».
L'estate scorsa il suocero del premier Giuseppe Conte, attraverso l'avvocato Stefano Bortone, ha fatto istanza di revoca contro la condanna per peculato a 1 anno, 2 mesi e sette giorni passata in giudicato nel 2019 per il mancato versamento di oltre 2 milioni di tasse di soggiorno al Comune di Roma tra il 2014 e il 2018. Grazie a quel patteggiamento Paladino senior ha potuto riavere indietro i soldi sequestrati dalla Procura, denari che sono stati restituiti «pari pari» al municipio, a cui erano dovuti. La vicenda sembrava conclusa. Ma adesso si è riaperta. E una sentenza del 22 ottobre del Tribunale della Capitale, come vedremo, dà speranza di successo al ricorrente.
La decisione è stata presa dopo la conversione in legge del Decreto rilancio del 19 maggio 2020. Da quel giorno, grazie ai commi terzo e quarto dell'articolo 180, la condotta di omesso versamento delle tasse di soggiorno è qualificata come illecito amministrativo, trasformando gli albergatori da incaricati di pubblico servizio (esattori), in soggetti obbligati in solido con i clienti al pagamento. Prima della riforma il mancato versamento configurava il reato di peculato, cioè quello per cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio si appropria del denaro di cui ha la disponibilità.
Ovviamente adesso tutti i condannati proporranno incidente di esecuzione della pena e ne chiederanno la revoca, sostenendo che quel fatto non è più previsto dalla legge come reato. Anche indagati e imputati andranno verso archiviazioni e assoluzioni.
Solo a Roma le strutture che hanno gabbato il Campidoglio sono 26: dal Jsh Hotel (1 milione e 500 mila euro di mancati versamenti), al Church Palace (970 mila euro), al Radisson Blu Es Hotel Roma (oltre 2 milioni di euro). La conta l'ha fatta il sostituto procuratore Alberto Pioletti, che negli ultimi quattro anni ha chiesto e ottenuto il sequestro di circa 11,3 milioni di euro.
Dopo le prime istanze la Procura di Roma ha dato un parziale parere negativo firmato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, secondo cui la nuova legge non si può applicare a chi ha commesso l'illecito prima del maggio 2020, quando cioè il mancato versamento della tassa di soggiorno era ancora considerato peculato.
L'argomento ha acceso il dibattito tra i giuristi: Marco Gambardella, professore associato di Diritto penale alla Sapienza, sulla rivista Penale, diritto e procedura prevede che «le condanne definitive verranno revocate dal giudice dell'esecuzione, su richiesta dell'imputato o anche d'ufficio». Oltre alla sentenza, inoltre, verrà revocata anche la confisca. «E questo», spiega ancora Gambardella, «vale pure in caso di patteggiamento».
Un'interpretazione fatta propria dall'avvocato Bortone: «C'è una nuova legge e quindi in funzione di questa io sto cercando di far riaprire il caso» ha confermato alla Verità il difensore di Paladino. E il fatto che Ielo & c. siano contrari non lo perplime più del giusto: «I pubblici ministeri», spiega Bortone, «cercano di salvare quello che hanno fatto, ma staremo a vedere». In realtà alcune recenti sentenze sembrano dare ragione all'avvocato.
Il 22 ottobre Carmine Sarnella, titolare dell'Opera house accommodation e dell'hotel Nizza, ha ottenuto la sospirata assoluzione per circa 300.000 euro di omessi versamenti precedenti al maggio 2020. Il suo difensore, l'avvocato Michele Andreano, afferma: «L'abolitio criminis voluta dal governo Conte ha fatto assolvere il mio cliente. È indubbio che il decreto si applichi a tutti quelli che hanno avuto comportamenti che prima erano considerati penalmente rilevanti, a prescindere dalla data della commissione».
La famiglia Paladino oltre a non aver versato il dovuto al Comune, se non dopo il processo, ha anche accumulato debiti con il fisco: oltre 36 milioni di debiti con l'Agenzia delle entrate, diventati poco più di 15 dopo la rottamazione ter varata dal primo governo Conte e ammortizzati in dieci rate, di cui, però, prima di presentare un ricorso, è stata pagata solo la prima, perché i Paladino chiedono una rateizzazione più lunga (18 rate). E la palla è passata a un ufficio che dipende dal ministero dell'Economia e delle finanze. Ovviamente la decisione non riguarderà solo il suocero di Giuseppi, ma pure la compagna Olivia e la sorella Cristiana che possiedono il 47,5 per cento a testa della Srl Agricola monastero Santo Stefano Vecchio, la quale direttamente (10,6 per cento delle quote) e attraverso altri veicoli (Immobiliare Spledido e Immobiliare Archimede) controlla la Srl Unione esercizi alberghi di lusso, la società del Grand hotel Plaza.
L'ultimo bilancio, depositato il 31 dicembre 2019, racconta la crisi profonda del Plaza: 1.694.956 euro di buco. Ma la situazione sembra destinata a peggiorare come si legge nella nota integrativa al bilancio di esercizio: «A causa dell'epidemia da Covid-19 (...) la società nel corso del 2020 subirà una drastica riduzione dei propri ricavi in quanto provenienti dal settore turistico alberghiero e in particolare costituita da clientela internazionale. La situazione emergenziale ha portato alla chiusura totale dell'albergo che si protrarrà per buona parte del 2020, ad oggi non si conosce ancora la data di riapertura».
Per fortuna, a partire dal mese di marzo 2020, aderendo ai Decreti cura Italia e Rilancio, «tutti i dipendenti della società», è scritto nella nota, «sono stati messi in Cig (la cassa integrazione guadagni ndr) in deroga» e «ciò comporterà una riduzione dei costi fissi ad essi legati che si rifletterà nel bilancio 2020».
Sarà per questo che Paladino, amministratore della società, fa presente che «non sono state identificate significative incertezze sulla capacità di continuazione dell'attività aziendale».
La questione delle maestranze a carico dello Stato viene ripresa in un altro passaggio: «In considerazione del fatto che il costo relativo alla retribuzione dei dipendenti ha una incidenza pari almeno al 40% dei costi complessivi ricorrenti ed alla luce della anzidetta riduzione dei ricavi pari all'83% nel primo semestre, la società ha avuto necessità di ricorrere, per circa il 90% dei dipendenti in forza, all'istituto della Cig in deroga messo a disposizione dalla normativa deliberata dal Governo per fronteggiare la crisi economica ed epidemiologica».
Insomma la barca stava andando a fondo, ma gli aiuti del governo sono arrivati ad hoc. Anche perché la società, «si è trovata nel corso degli anni in momenti di temporanea carenza di liquidità, dovuta principalmente alla crisi del settore turistico, il che ha comportato problemi di disponibilità economica».
Eppure l'amministratore avrebbe sempre scelto di «mettere al primo posto il regolare pagamento degli stipendi e dei fornitori a scapito principalmente del puntuale pagamento delle imposte e dei tributi».
In realtà un buon numero di ex lavoratori a chiamata e di interinali non sembrano soddisfatti del trattamento che la società dei Paladino o le agenzie a cui si è rivolta hanno loro riservato.
I.S., per esempio, ha lavorato per tre mesi per conto di una cooperativa. Ora si sfoga: «Non sono mai riuscita a contattare i miei presunti datori di lavoro. Secondo la responsabile commerciale che faceva da tramite i problemi dipendevano dalla cooperativa». Poi aggiunge: «Dopo tre mesi mi sono licenziata perché non avevo ricevuto neanche uno stipendio. Non ho mai avuto buste paga, non ho firmato fogli, neppure il licenziamento. Dopo che mi sono rivolta al Caf e ho fatto una serie di minacce mi hanno accreditato, a rate, parte dei soldi sul conto, ma del Tfr neanche l'ombra».
U. V., uno degli chef, continua: «Molti lavoratori hanno contratti a chiamata, tramite agenzie interinali. Queste agenzie cambiavano una volta al mese, in poche parole sono scatole vuote. Addirittura ci sono lavoratori con contratti a tempo indeterminato a cui dal 2004 non vengono pagati i contributi. Adesso una cinquantina di persone è nella merda e gli altri sono in cassa integrazione».
B. R. è uno dei tanti camerieri a chiamata, però, non è passato da un'agenzia interinale per lavorare al Plaza: «Ho mandato il curriculum al maitre, il quale mi ha chiamato e mi ha fatto lavorare. All'entrata e all'uscita firmavo un foglio, come se fosse un badge. L'unica cosa che ho firmato, perché sempre il maitre mi fece lasciare documenti, curriculum e Iban. Ho prestato servizio per tre mesi e devo ricevere ancora una bella somma. Aspetto il denaro da febbraio. Mi sono rivolto anche all'ispettorato del lavoro dove a fine luglio ho presentato una richiesta di intervento».
Per quattro tipologie: la prima relativa alla regolarizzazione del rapporto di lavoro «in nero»; la seconda e la terza per spettanze economiche relative a retribuzioni e a straordinari/ore in busta paga e non pagati; la quarta per retribuzioni relative a prestazioni di lavoro registrate con altro titolo (trasferte, rimborsi, indennità) mai ottenute. Conclude B. R.: «Avrebbero dovuto darmi notizie sulle ispezioni, ma dopo tre mesi non so ancora nulla. Dietro al Plaza ci sono dei poteri forti e ho paura di avere di fronte un muro di gomma».
Non sono state ancora archiviate le due segnalazioni di operazioni sospette nei confronti della fidanzata del premier Giuseppe Conte e di due familiari di lei. Come ha raccontato ieri il nostro giornale, Olivia e Cristiana Paladino e il loro fratellastro John Rolf Shawn Shadow sono sotto «indagine» dell'antiriciclaggio della Banca d'Italia per un'operazione di rimborso di un vecchio prestito di un miliardo di lire erogato, nel lontano 1994, dalla Banca popolare della Marsica alla Agricola andromeda, riconducibile alla famiglia Paladino.
Il credito oggi appartiene alla società di cartolarizzazione Sestino securitisation srl, controllata al 100% dalla Stichting quentin con sede sociale ad Amsterdam e amministrata da Guido Cinti, 41 anni, infaticabile commercialista bocconiano con studio a Milano e incarichi a vario titolo in una settantina di imprese. La Sestino ha acquistato il titolo, nel dicembre 2017, in un blocco di crediti deteriorati (i cosiddetti Npl, non performing loans) da 26 miliardi di euro iscritti a bilancio del Monte dei paschi di Siena. Istituto in cui, attraverso due diverse fusioni, erano a loro volta confluite le poste della Banca popolare della Marsica. E, di conseguenza, pure il mutuo ipotecario alla Agricola andromeda.
Olivia Paladino - compagna di Conte - e i fratelli Cristiana e John Rolf avrebbero tentato, tra il 2016 e il 2019, di negoziare una transazione con la Sestino attraverso l'agente della riscossione Italfondiario spa, appartenente al gruppo Dobank (oggi Dovalue) che dei crediti in sofferenza Mps era stato primo esaminatore già nel 2017. Solo che non avrebbero offerto solide garanzie sulla natura del denaro con cui sarebbe stata estinta la pendenza. A fronte di «specifica dichiarazione sulla provenienza delle somme che sarebbero state utilizzate per fornire nuova finanza alla società debitrice» - si legge negli atti dell'unità di informazione finanziaria di Palazzo Koch - i soci avrebbero dato risposte elusive. John Rolf Shawn Shadow, figlio di primo letto dell'attuale compagna di papà Cesare Paladino, l'attrice Ewa Aulin, non è mai entrato nel dettaglio delle fonti di finanziamento pur essendo rappresentante legale della società e malgrado gli obblighi di legge. Si è limitato a dichiarare che il denaro sarebbe arrivato da finanziamento soci e da normali flussi finanziari derivanti dall'attività aziendale. Agricola andromeda, però, ai terminali della Camera di commercio di Roma risulta inattiva e nel 2017, com'è possibile desumere dal bilancio, non ha svolto alcuna attività. Non ha venduto casali e «relativi terreni» né si è occupata di «tagli boschivi». Né i soci hanno voluto comunicare la «capacità annua lorda» dell'azienda, fondata nel 1973 con un capitale sociale di appena 10.400 euro.
La domanda è quindi: dove avrebbero trovato i familiari del premier Giuseppe Conte le risorse per onorare il debito che si protrae ormai da oltre un quarto di secolo? È quello che ha intenzione di scoprire l'antiriciclaggio con una specifica istruttoria a seguito dell'esposto proprio di Italfondiario spa. Soprattutto considerata un'altra circostanza, emersa dalla trattativa. E cioè il maxisconto di oltre 200.000 euro che la Sistino ha concesso alla Andromeda per chiudere definitivamente la partita del mutuo ipotecario acceso, nel 1994, presso la Banca popolare della Marsica. Accontentandosi di appena 145.000 euro a fronte dei 357.000 (più spese legali) già concordati con la società della famiglia Paladino. Un accordo siglato nel giugno 2019 quando a Palazzo Chigi già sedeva da un anno il compagno di una dei debitori.






