Nei giorni scorsi il portiere del palazzo che ospita la redazione - la zona è quella della Stazione centrale di Milano, cioè non proprio uno dei posti più raccomandabili - se n’è andato: dopo anni trascorsi nella guardiola ha dato le dimissioni. Era un gigante gentile che la sera, all’ora tarda in cui si chiudono i giornali, faceva da scorta alle croniste fino alla fermata della metropolitana, affinché non facessero brutti incontri. Se avesse potuto sarebbe restato ma, mi ha spiegato, di ( essere costretto a lasciare dalle nuove norme volute dall’amministrazione comunale di Milano. Avendo un’auto diesel Euro5, cioè vecchia di otto anni, in base alle disposizioni della giunta guidata da Beppe Sala, dal 3 ottobre non sarebbe più potuto entrare in città, pena una multa al giorno. «Ho provato a chiedere una deroga» mi ha raccontato, «dicendo che i miei orari non erano compatibili con i mezzi pubblici, ma non c’è stato nulla da fare. Dunque sono stato costretto a licenziarmi. Non ho alternative: all’inizio chiederò il reddito di cittadinanza, poi si vedrà».
A parte il dispiacere di dover rinunciare al gigante gentile, l’idea che qualcuno fosse indotto a lasciare un posto di lavoro a causa di un’ordinanza comunale mi è parsa incredibile. Invece, purtroppo è credibilissima, perché di vicende come la sua la scorsa settimana ne ho raccolte altre. Non tutti hanno gettato la spugna: qualcuno si è organizzato anticipando l’ingresso in città, quando il divieto di circolazione non è attivo; altri hanno deciso di usare la moto; qualcuno si è rassegnato a lunghi viaggi sui mezzi di trasporto pubblici, su e giù da treni e tram. Tutti però mi hanno fatto capire che consideravano le nuove norme una follia. E in effetti non ho saputo dar loro torto. Capisco che da quando il sindaco del capoluogo lombardo ha deciso di dare una svolta ecologista alla sua carriera politica - inseguendo le idee di Greta Thunberg e dei movimenti che ci vorrebbero far circolare solo in bicicletta, a piedi o al massimo sui mezzi elettrici - le strade siano state ristrette per complicare la vita agli automobilisti e questi siano considerati pericolosi attentatori alla salute pubblica. E comprendo anche che il progetto di Sala sia quello di trasformare la capitale industriale del Paese in un’immensa Ztl, ovvero in una zona a traffico limitato, dove peraltro tutti siano verdi e progressisti.
Tuttavia, mi domando: che ne sarà di quelle centinaia di migliaia di pendolari che, come il mio portiere, hanno fatto la fortuna di Milano? A loro sarà impedito di circolare, anzi di lavorare, come al gigante gentile? L’imperativo del nuovo millennio è la viabilità sostenibile, che non inquina e comporta produzioni ecosostenibili e circolari(cioè che consentano il riciclo). Del resto, la tutela della natura è importante per il futuro del pianeta. Ma dopo l’ecologia, chi tutelerà il lavoro e i redditi di quelle persone che non possono sostituire le loro auto Euro5 perché non hanno i soldi per cambiarle? Davvero il sindaco Sala crede che il gigante buono non avrebbe volentieri mantenuto il proprio posto da portiere se invece del vecchio diesel avesse potuto permettersi una vettura moderna, magari elettrica? Dopo anni in cui i parametri di inquinamento cittadino sono fuori controllo, e non certo solo per il numero di auto circolanti, davvero non era possibile rinviare l’introduzione del divieto di circolazione, considerando che quello che ci aspetta sarà un inverno difficile? Le famiglie sono costrette a fare i conti con bollette-monstre, che bisogno c’era di complicare loro la vita anche decretando che dal 3 ottobre la loro auto non solo non è in regola con le più moderne direttive ma, non potendo circolare, non vale quasi più nulla?
Alle domande mi sono dato una risposta, che non spiega perché Sala e altri sindaci di città del Nord come Torino abbiano adottato simili misure, ma di certo aiuta a capire come mai lo scorso 25 settembre il centrosinistra sia franato e il Paese sia andato a destra. Nella vita di tutti i giorni, quella in cui si deve fare il conto con l’aumento della benzina e dell’inflazione, non c’è spazio per l’ideologia, per l’appartenenza o la militanza politica. E così, la distanza tra chi parla di un ipotetico mondo migliore e chi deve fare i conti con quello reale si fa sempre più ampia. Non è un caso che la sinistra abbia incontrato il successo solo nelle Ztl delle grandi città. In centro non c’è bisogno dell’auto e, quando serve, magari nel box sotto casa c’è una Tesla, pronta a portare i passeggeri dove vogliono, senza rumore e senza un filo di fumo. È il mondo ideale. Il mondo perfetto e politicamente corretto. Peccato che per farvi parte serva un reddito adeguato, che il mio portiere gentile non ha.
Ecco, la dico tutta: mi piacerebbe far incontrare il sindaco dai calzini arcobaleno, quello pronto a sposare ogni buona causa purché sia progressista ed ecologista, con il mondo reale. Cioè con un uomo che non potendo permettersi un’auto nuova, è costretto a perdere il lavoro a causa di Sala.