Guardiamo il positivo: almeno sarà contenta Greta Thunberg, che magari si sbarazzerà di quella sua aria truce, perennemente accigliata.
Sì, perché il ritorno sullo schermo dei Barbapapà, celebre cartoon francese nato negli anni Settanta e che narra le vicissitudini della «più pop delle famiglie», è anche il ritorno di una serie green ante litteram. Il merito, si fa per dire, è tutto di Talus Taylor, ideatore insieme ad Annette Tison di quelli che, prima di divenire cartoni animati, erano libri. Il passaggio televisivo non si è però fatto attendere, con Barbapapà che ha fatto compagnia a generazioni; ora il ritorno, che avrà luogo in anteprima su RaiPlay da sabato, con il boxset dei primi 26 episodi, per poi iniziare ufficialmente su Rai Yoyo a partire da lunedì.
Le alte probabilità che il cartone possa incontrare il gradimento della Thunberg, dicevamo, sono basate sulla vocazione intrinsecamente ambientalista della famiglia protagonista. Che, per volontà del citato Taylor, è da considerarsi pioniera della sensibilità green.
Non è un caso che già i libri da cui la serie trae ispirazione affrontassero il tema dell'inquinamento spiegando il concetto, all'epoca emergente, di energia rinnovabile. A rendere la serie animata sostenibile, si direbbe oggi, ha contribuito pure la Tison, la quale ha voluto alloggiare i personaggi non già in un grattacielo e neppure in un contesto urbano, bensì in campagna e per giunta in un'abitazione ecologica.
Non solo. Nelle creature colorate protagoniste delle puntate si può rinvenire pure, in nuce, il pensiero di Serge Latouche, l'economista - anch'egli francese - della cosiddetta «decrescita felice», ossia della riduzione controllata di consumi, emissioni e in definitiva lavoro; o forse - dubbio amletico -, è stato il cartone animato ad ispirare Latouche? Chissà.
Sta di fatto, ecco il punto, che nessuno dei componenti della variopinta famiglia, per usare un eufemismo, si ammazza di lavoro, anzi. Infatti di Barbapapà, il blob rosa che funge da capofamiglia, sappiamo che ama la pittura e l'arte, mentre Barbamamma al massimo arriva a darsi alla tessitura, e tra i sette figli troviamo intellettuali, musicisti, amanti della natura.
Quello dall'impiego più usurante è il giallo Barbazò, di professione veterinario. Per il resto, è dura non confondere il mondo dei Barbapapà con una trasposizione per bambini dei «Figli dell'amore eterno», la comunità hippie frequentata da Ruggero, il giovane nullafacente interpretato da Carlo Verdone nel film Un sacco bello. Ma non è finita. Un'altra caratteristica tipica di questi cartoni - e che, a ben vedere, ha una valenza educativa dubbia - consiste nella loro nota capacità di cambiare forma. Previa formuletta di rito - «resta di stucco, è un barbatrucco» -, i componenti della famiglia assumono infatti le sembianze utili a ogni determinata situazione.
Se non si può parlare di un'antropologia basata sul trasformismo poco cambia. Tanto che proprio a Barbapapà ha fatto riferimento la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, in una dichiarazione del gennaio scorso, per descrivere l'allora premier Giuseppe Conte. «Conte», ha detto la presidente di Fdi, «è perfettamente in grado di assumere la forma che chiede il suo mandante. Come Barbapapà: prima di destra, poi di sinistra, poi socialista, prima a favore poi contro l'immigrazione clandestina, prima amico di Salvini, poi di Renzi».
Più che infierire sull'ex premier, si potrebbe, stabiliti quelli economici in Latouche, individuare i lineamenti politici del cartoon francese nell'intero Movimento 5 stelle, forza politica capace di buttarsi tra le braccia dell'odiato «partito di Bibbiano», il Pd, senza esitazioni pur di tirare a campare.
In effetti, la famiglia Barbapapà sfoggia appieno tutte le caratteristiche della Weltanschauung grillina: è ambientalista, non ha molta voglia di lavorare, cambia a seconda delle circostanze, non esprime un vero e proprio pensiero. Insomma, il sospetto che da giovane Beppe Grillo possa avere avuto un debole per la serie animata francese è, in realtà, ben più che un sospetto.
La sola cosa forse da salvare di questa saga riguarda l'atteggiamento della famiglia che ne è protagonista ossia, per usare una parola abusatissima, la sua resilienza. Qualunque sia il problema, i Barbapapà mantengono sempre la calma e non si arrendono mai. E infatti trovano sempre la soluzione a qualsiasi problema.
Si potrebbe dire che, in questo senso, sono anche molto italiani per quanto riguarda l'arte di arrangiarsi. Certo, tra il sapersela in qualche modo cavare e l'essere capaci di dare un contributo di qualità alla società, ce ne passa. Visto però il momento assai critico che stiamo attraversando sotto numerosi punti di vista - da quello sanitario a quello economico - forse la vocazione resiliente che echeggia in Barbapapà non va sottovalutata. Per il resto, lo abbiamo detto, il cartoon ha ben poco da dire, configurandosi come una gran passerella di forme e colori che intrattiene, distrae, a tratti pure diverte. Ma i contenuti educativi, che dovrebbero stare a cuore a viale Mazzini, son ben altra cosa.




