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Gli italiani si affidano sempre di più allo streaming, ma - complice il Festival di Venezia - la sala cinematografica riserva grandi sorprese, a partire dell'ultimo film di James Bond.
Lo speciale contiene quattro articoli e gallery fotografiche.
Nel 2019 il 64,6% della popolazione ha partecipato a qualche forma di intrattenimento o spettacolo fuori casa. Un'abitudine che è molto cambiata negli ultimi anni, a causa delle restrizioni conseguenti lo scoppio della pandemia. Sempre più italiani si rivolgono allo streaming per il loro intrattenimento. A dimostrarlo sono i dati raccolti da EY.
A gennaio 2021, gli abbonamenti attivi in Italia superavano gli 11 milioni, con una crescita di 6,5 milioni di utenti in quattro anni. Un numero che sale a 16 milioni se si prendono in considerazione le migliaia di account condivisi con familiari e amici. Stando all'analisi di EY, Netflix è al primo posto per numero di utenti (3,78 milioni) seguito da Amazon Prime Video (2,30) e Disney+ (oltre un milione di abbonati).
Restano poi numerosi anche i “pirati" dello streaming. Si conta che in Italia ce ne siano quasi 11 milioni, tanti quanti gli iscritti alle maggiori piattaforme. Secondo una ricerca, l'incidenza della pirateria si attesta al 38% nell'ultimo anno, in linea con il 2019. Si è però registrato un incremento sugli eventi live, al 14% contro al 10% del 2019.
La platea più ampia è quella che riguarda i servizi in streaming gratuiti, da Youtube (95% del mercato) passando per RaiPlay, Mediaset Play e La7D. In base alle valutazioni di EY, gli utenti attivi sulle piattaforme sarebbero circa 27 milioni, contro i sette del 2018.
Sono molto diversi i numeri che riguardano il cinema. Si stima che nel 2020 siano andati persi 460 milioni di incassi e tra il 75% e il 90% di pubblico. Una vera e propria ecatombe che sta modificando anche la produzione dei contenuti.
Il giornalista Lucas Shaw ha parlato di un vero e proprio «dilemma dei media moderni». Se fino a qualche anno fa, il successo di una pellicola era dettato dai numeri del botteghino, oggi è sempre più difficile capire cosa fa successo e cosa no. Le maggiori piattaforme di streaming rifiutano di rilasciare i dati relativi ai contenuti. Anche la «Top 10» rilasciata da Netflix non spiega il criterio con cui sono state calcolate le visualizzazioni dei film in classifica. «Stiamo entrando in una realtà in cui è sempre più arduo determinare cosa ha successo e cosa invece no» ha commentato Shaw.
Le uscite di settembre al cinema
Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli (1 settembre)
Shang-Chi è un giovane supereroe che intraprende un inedito viaggio alla scoperta di se stesso. Destin Daniel Cretton, regista e sceneggiatore del film, ha detto di essere entusiasta di portare la storia di Shang-Chi sul grande schermo e ha dichiarato: «Il problema più grande della vita di Shang-Chi è non sapere chi lui sia veramente. Deve imparare a gestire ogni parte di sé. Se non permetterà a se stesso di esaminare tutto - il bene, il male, la luce e l'oscurità - e di farli convivere, non sarà in grado di raggiungere il suo pieno potenziale». In Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, Shang-Chi (Simu Liu) deve confrontarsi con il passato che pensava di essersi lasciato alle spalle quando viene trascinato nella rete della misteriosa organizzazione dei Dieci Anelli.
Il collezionista di carte (3 settembre)
Questo thriller prodotto da Martin Scorsese gareggerà alla Mostra del Cinema di Venezia. Raccontato con l'intensità che è da sempre il marchio di fabbrica dello sceneggiatore e regista Paul Schrader, il film vede come protagonista Oscar Isaac nel ruolo di William Tell, un ex militare che vive nell'ombra come giocatore d'azzardo di piccolo cabotaggio. La vita meticolosa di Tell viene scossa dall'incontro con Cirk (Tye Sheridan), un giovane in cerca di vendetta contro un nemico comune. Con il sostegno della misteriosa finanziatrice La Linda (Tiffany Haddish), Tell porta Cirk nel circuito dei casinò per condurlo su una nuova strada. Dei fantasmi del passato, però, non ci si libera così facilmente.
Qui rido io (9 settembre)
Anche questa pellicola, con Toni Servillo come protagonista, sarà in concorso a Venezia. Qui rido io racconta la storia del grande attore comico Eduardo Scarpetta. Re del botteghino all’inizio del Novecento, al culmine del successo Scarpetta si concede quello che si rivelerà un pericoloso azzardo. Decide di realizzare la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D'Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla, fischi e improperi sollevati dai poeti e drammaturghi della nuova generazione che gridano allo scandalo e Scarpetta finisce con l'essere denunciato per plagio dallo stesso D'Annunzio. Inizia, così, la prima storica causa sul diritto d'autore in Italia.
Dune (16 settembre)
Il nuovo adattamento della celebre saga letteraria di Frank Herbert vede come protagonisti Timothée Chalamet (Chiamami col tuo nome) e Zendaya (Spiderman, Euphoria). In un universo controllato da un impero di tipo feudale; la Casa Atreides, governata dal Duca Leto Atreides, è in opposizione alla Casa Harkonnen, governata dal Barone Harkonnen. Agli Atreides viene affidato il compito di prendere il posto degli Harkonnen sul pianeta Arrakis, il pianeta più importante di tutti, perchè luogo di origine della sostanza che permette alla Gilda Spaziale di sostenere i viaggi interstellari. Ma c'è una trama misteriosa che si nasconde nell'ombra e il giovane erede della Casa Atreides, Paul, verrà chiamato a compiere il suo destino, il destino che cambierà per sempre l’universo.
Space Jam - New Legends (23 settembre)
Sequel del classico anni Novanta e campione d’incassi negli Stati Uniti, il nuovo Space Jam vede protagonista il campione di pallacanestro LeBron James. L’atleta sogna per il figlio Dom un futuro nel mondo del basket e lo iscrive a un campo estivo sportivo. Il ragazzo tuttavia rifiuta la proposta del padre, volendo invece diventare un progettista di videogiochi. Un giorno, padre e figlio si ritrovano all'interno di una fabbrica di server di computer, e vengono risucchiati all'interno del "Server-Verso", un universo parallelo composto da film, cartoni animati e serie televisive del gruppo Warner Bros. e capeggiato da Al-G Rhythm, un'entità computerizzata malvagia che li tiene in ostaggio. Per potersi salvare, il cestista dovrà partecipare ad una partita di pallacanestro insieme ai Looney Tunes contro la Goon Squad, costituita dai cloni computerizzati di alcuni giocatori di basket compagni di LeBron.
No time to Die (30 settembre)
L’ultimo Bond di Daniel Craig arriva finalmente nelle sale. Il 25esimo film di 007 è diretto da Cary Fukunaga e la colonna sonora è stata composta da Hans Zimmer. A firmare il brano principale del film su James Bond è stata la giovane Billie Eilish. Ambientato cinque anni più tardi rispetto agli avvenimenti raccontati in Spectre, No Time to Dieracconta la vita ormai tranquilla di James Bond, che si è ritirato dal MI6. La sua ritrovata tranquillità viene presto sconvolta, però, dalla richiesta d’aiuto di un amico per trarre in salvo uno scienziato di nome Waldo Obruchev. Il rapimento dello scienziato, in realtà, è molto più complicato di quanto appaia e porta James Bond alla ricerca di Lyutsifer Safin, un pericoloso terrorista.
La Casa di Carta 5
La fine ha inizio. La Casa di Carta 5, volume uno, debutterà su Netflix il tre settembre. Come accaduto per la prima stagione, la conclusione della serie spagnola sarà divisa in due parti (la seconda uscirà il 3 dicembre).
«La banda è stata rinchiusa nella Banca di Spagna per oltre 100 ore. Sono riusciti a salvare Lisbona, ma il loro momento più buio è alle porte dopo aver perso uno di loro. Il Professore è stato catturato da Sierra e, per la prima volta, non ha un piano di fuga. Proprio quando sembra che nient'altro possa andare storto, entra in scena un nemico molto più potente di tutti quelli che hanno affrontato: l'esercito. La fine della più grande rapina della storia si sta avvicinando e quella che era iniziata come una rapina si trasformerà in una guerra» si legge nella sinossi ufficiale, pubblicata lo scorso 2 agosto insieme a un trailer ricco di azione.
«Arrendersi non è un'opzione» è il claim del finale di questa serie dei record, la più vista di sempre. La Casa de Papel è infatti risultata più popolare di prodotti hollywoodiani come il Trono di Spade e The Walking Dead, superando il miliardo di richieste in tutto il mondo.
In merito all'ultima stagione, il creatore della serie ha raccontato a Entertainment Weekly: «La banda sarà ora spinta in situazioni irreversibili, in una guerra selvaggia. È la parte più epica di tutte le parti che abbiamo girato. Abbiamo passato quasi un anno a pensare a come distruggere la banda. Come mettere alle corde il Professore. Come entrare in situazioni irreversibili per molti personaggi. Il risultato è la quinta stagione de La Casa de Papel . La guerra raggiunge i suoi livelli più estremi e selvaggi, ma è anche la stagione più epica ed emozionante».
Nel trailer vediamo il Professore catturato da Alicia mentre dice ai suoi compagni che la sua telefonata potrebbe essere l'ultima. Gli spoiler sulle morti dei protagonisti si rincorrono - le più insistenti riguardano Rio - ma niente paura, Netflix sta già pensando a uno spin off dedicato a El Professor. Bisogna solo aspettare la conclusione della rapina del secolo.
America Horror Stories
American Horror Story, la popolare serie ideata da Ryan Murphy e Brad Flachuk, ci ha portato in un credibile viaggio horror, cambiando ambientazione ogni stagione. Da una casa infestata a un manicomio, da una congrega di streghe a New Orleans fino a un freak show itinerante, da un hotel con un passato oscuro e sanguinoso all’apocalisse, fino a un campo estivo mortale.
I creatori di AHS hanno ridefinito il genere horror e ad oggi sono moltissimi i fan appassionati che ogni anno attendono con ansia di scoprire quali terrori riserverà il prossimo capitolo. American Horror Stories è un nuovo prodotto Star Original che ci accompagnerà fino a ottobre, mese di uscita della decima stagione della serie: American Horror Story: Double Feature.
American Horror Stories è composta da sette episodi, propone una storia horror diversa per ogni episodio. In questa nuova serie ritroveremo la tuta di lattice di Rubber Man, ma sarà un nuovo personaggio a indossarla.Un’altra storia sarà ambientata in un drive-in dove accadrà qualcosa di inspiegabile, mentre un gruppo di amici influencer si troveranno a fare i conti con la rabbia di Babbo Natale dopo aver filmato e pubblicato sul loro canale Youtube il suicidio di un uomo (una storia che ricorda molto quanto successo con Logan Paul nel 2018, ndr).
Donald Trump (Ansa)
La decisione della Procura di Manhattan sul possibile arresto slitta a domani: ma i guai dell’ex presidente Usa ricompattano i repubblicani. L’offensiva non è finita: in Georgia vogliono il tycoon alla sbarra per estorsione e associazione per delinquere.
Fiat-Revelli mod.1914 durante la Grande Guerra (Getty Images)
Nel 1883 Hiram Maxim brevettò la prima mitragliatrice automatica al mondo, che cambiò per sempre la storia bellica. Largamente utilizzata nella Grande Guerra, fu caratterizzata da numerosi primati italiani. E italiano fu il primo fucile mitragliatore.
All’inizio furono gli «organi», armi sperimentali del Rinascimento. Leonardo da Vinci, genio poliedrico, non mancò di progettarne uno nel Codice Atlantico. L’antenato della moderna mitragliatrice, strumento sognato lungo i secoli per aumentare la potenza di fuoco in battaglia, constava sostanzialmente di un numero variabile di canne ad avancarica di piccolo calibro che sparavano contemporaneamente un numero variabile di pallettoni. Nota anche come ribadocchino, non ebbe ampia diffusione a causa delle difficoltà e dei tempi di caricamento delle armi dell’epoca. Solo nel XVIII secolo, precisamente nel 1718, in Inghilterra fu realizzata un’arma a ripetizione che per forma e principio può essere considerata una progenitrice del fucile mitragliatore. La Puckle gun, inventata dall’avvocato londinese James Puckle, era sostanzialmente un revolver a canna lunga al cui tamburo fu applicato un meccanismo a ingranaggi che permetteva lo sparo a ripetizione. La curiosità che riguarda questa proto-mitragliatrice è che il suo utilizzo (molto limitato) ebbe un risvolto religioso. Si inserì infatti nelle lotte interne tra Protestanti e Cattolici in Gran Bretagna e Irlanda e l’arma era pubblicizzata come «arma per la causa protestante», senza mezzi termini. Ma anche contro i pirati musulmani del Mediterraneo come strumento efficace per arrestare gli arrembaggi alle navi. Per i Turchi l’inventore suggeriva l’uso di pallottole quadrate invece dei normali pallettoni, in quanto «maggiormente dannose». Alla fine l’arma di Puckle fu rifiutata dall’esercito britannico al quale era stata proposta per l’inaffidabilità dell’innesto a pietra focaia.
Alla metà del secolo XIX nel campo delle armi a ripetizione vi fu un ulteriore passo in avanti con un modello che, pur non ancora automatico, sparava colpi alternati e non simultanei come le precedenti mitragliatrici pluricanna. Si trattava della Claxton .690 (dal nome del colonnello americano che la inventò, F.S. Claxton), una delle prime mitragliatrici prodotte in piccola serie anche dalla licenziataria belga Désiré Lachaussée. Tecnicamente la .690 (dal calibro che in Italia corrisponde a 25mm) era dotata di un cilindro che alloggiava sei canne rotanti alimentate da un meccanismo che prevedeva un pozzo munizioni gestito da un servente, le quali venivano immesse nelle due canne centrali. Tramite una leva posta in fondo all’arma un sistema meccanico garantiva lo sparo alternato di due canne, che al loro surriscaldamento venivano sostituite da quelle successive contenute nel cilindro. La cadenza era di 80 colpi al minuto. Quest’arma era presente in Vaticano il giorno della presa di Porta Pia a disposizione del generale Hermann von Kanzler, a capo delle truppe pontificie. Posizionata nei pressi di Porta San Giovanni, non entrò tuttavia in azione il 20 settembre 1870.
Tredici anni dopo, nel 1883, la nascita della prima mitragliatrice automatica progenitrice di quelle attuali. Il brevetto fu depositato da Hiram Maxim, inventore americano di stanza a Londra. La rivoluzione della sua mitragliatrice stava nella completa automatizzazione del colpo a ripetizione, grazie allo sfruttamento meccanico della forza di rinculo che azionava un sistema di ricarica dei proiettili per mezzo di molle e ingranaggi. La Maxim aveva una cadenza di fuoco fino a 600 colpi/minuto con proiettili calibro 303 britannici (cal 7,7 in Italia) ed era raffreddata per la prima volta ad acqua grazie al manicotto cilindrico attorno alla canna. La Maxim fu la progenitrice di molte mitragliatrici prodotte nei diversi Paesi e alla base della britannica Vickers, colosso delle armi del Regno Unito che assorbirà più tardi l’azienda fondata dall’inventore della moderna mitragliatrice. La Maxim fu una delle armi protagoniste delle guerre coloniali britanniche di fine Ottocento, come il conflitto Anglo-boero del 1899 e fu usata anche durante la Grande Guerra. Anche il Regio Esercito ne fece uso all’inizio del conflitto, avendola inizialmente preferita a quelle di produzione nazionale.
Proprio durante la prima guerra mondiale, dove le armi automatiche fecero la differenza nella prima vera guerra tecnologica, l’industria delle armi italiana progredì rapidamente, fatto che portò alla realizzazione di una delle mitragliatrici medie più diffuse di tutto il conflitto: la Fiat-Revelli modello 1914. Già nel 1908 un capo tecnico dell’esercito, Giuseppe Perino, realizzò la prima arma automatica di fabbricazione italiana, la Modello 1908. Come la Maxim, la mitragliatrice Perino era completamente automatica ed era alimentata con il calibro 6,5 dei fucili Carcano in dotazione al Regio Esercito, pesava 27 kg ed aveva una cadenza di fuoco di 450 colpi al minuto. Si trattava di un’arma all’avanguardia, che tuttavia non fu mai prodotta in grandi numeri per l’iniziale diffidenza dei Comandi nei confronti delle armi pesanti, una visione ristretta che fece rischiare gravi svantaggi allo scoppio delle ostilità. Alle poche Perino in dotazione e alle mitragliatrici straniere, si affiancò quella che più tardi risulterà la mitragliatrice più diffusa di tutta la Grande Guerra, costruita dall’unica grande azienda in grado di offrire una grande capacità produttiva in serie, la Fiat del Senatore Giovanni Agnelli. Progettata dall’ingegnere Bethel Abiel Revelli de Beaumont, l’arma fu presentata nel 1911 per le prove e il periodo sperimentale previsto dalle normative. Tra gli esperti, i pareri sulla Fiat-Revelli si sono divisi. Alcuni la ritengono meno affidabile e maneggevole della Perino, puntando il dito sul potere politico della Fiat che avrebbe imposto il proprio modello. Altri invece ne sottolineano la longevità e la grande diffusione come contributo all’armamento dell’esercito durante la Grande Guerra. Tecnicamente, l’arma aveva un peso di 38,5 Kg senza treppiede con cadenza di tiro da 500 colpi/minuto (teorica) con gittata a 2.500 metri. I proiettili erano i classici Carcano cal 6,5 usati anche dai fucili modello 91. Fu costruita presso le officine della Società Metallurgica Bresciana (SMB) e nella città lombarda fu fondata la scuola mitraglieri dell’Esercito, dalla quale uscivano gli uomini delle Compagnie mitraglieri Fiat della quali fece parte anche il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini. La modello 1914 fu la mitragliatrice standard per tutti i conflitti successivi che interessarono l’Italia, dall’Etiopia alla Guerra di Spagna. In queste ultime due campagne la mitragliatrice fu soggetta ad un aggiornamento dal quale nacque la Revelli 14/35, frutto della modifica delle esistenti 1914 ma con calibro portato agli 8mm come la mitragliatrice Breda e il raffreddamento ad aria, che permetteva l’eliminazione del serbatoio dell’acqua da 18 kg e relativo servente.
Nel primo dopoguerra un’altra grande azienda meccanica sviluppò una delle mitragliatrici pesanti protagoniste del secondo conflitto mondiale, la Breda. Già attiva nella produzione di armi automatiche leggere, fece partire il progetto della nuova mitragliatrice, dalla Modello 5C, di fatto un fucile mitragliatore. Ne uscì una delle armi più diffuse tra il 1940 e il 1945, la Breda Mod. 30 attiva su tutti i fronti, dall’Africa, alla Grecia, alla Russia. Era un’arma dalla meccanica raffinata, sebbene altrettanto delicata. Dotata di otturatore solidale e corto rinculo, aveva un sistema di lubrificazione del proiettile in canna ad olio, molto sensibile alla polvere ed alle basse temperature. Precisa nel tiro, era tuttavia soggetta a frequenti inceppamenti e a surriscaldamenti a causa sia degli agenti atmosferici come sabbia e gelo (costantemente presenti in Nord Africa come in Russia) che per l’elevato calore durante lo sparo che avveniva peraltro ad otturatore chiuso. Nonostante questi non trascurabili difetti, fu prodotta in oltre 30.000 pezzi ai quali si aggiunse un altro modello del colosso italiano, la Mod. 37, a tutti gli effetti una «pesante». A differenza della Mod.30 la nuova mitragliatrice aveva una gittata molto più lunga (ben 5.000 metri) e usava proiettili appositi calibro 8x 59mm simili a quelli tedeschi. Molto più affidabile della Mod.30, poteva anche essere utilizzata come pezzo contraerei una volta montata su apposito affusto. L’unica pecca di un’arma molto affidabile era il peso rispetto ad altre armi equivalenti, di quasi 20 kg senza treppiede, ma nonostante ciò rimaneva l’arma automatica più avanzata tanto che sarà impiegata a lungo anche nel dopoguerra e all’estero, quando fu usata durante la guerra coloniale portoghese. La Breda 37 fu l’ultima pesante progettata e costruita in Italia e alcuni pezzi rimasero in servizio fino alla fine degli anni Sessanta. Con l’ingresso dell’Italia nella Nato infatti, la standardizzazione degli armamenti e delle munizioni vedrà la predominanza di modelli inglesi e americani o evoluzioni di armi dell’ultima guerra come la Beretta Franchi MG42/59 introdotta alla fine degli anni Cinquanta, che altro non era se non una versione ammodernata della mitragliatrice tedesca, la MG42.
Il primo fucile mitragliatore era italiano.
Un primato italiano riguarda invece la storia dei fucili mitragliatori o submachine gun. E’il caso del fucile mitragliatore OVP 1918, dove la sigla sta per «Officine di Villar Perosa», una azienda specializzata in costruzioni meccaniche e cuscinetti a sfera dell’orbita Fiat. L’archetipo del mitra moderno nacque nelle officine piemontesi dove si costruivano biciclette per bersaglieri, serbatoi per autocarri e altre forniture militari ancora una volta dal genio di Revelli de Beaumont. In origine la pistola mitragliatrice battezzata Fiat- Revelli mod.1915 fu impiegata in modo limitato e spesso montata sugli aeroplani da caccia per il suo peso contenuto. A terra invece fu trattata erroneamente come un’arma difensiva e dotata di un pesante scudo protettivo che ne limitava la mobilità. Solo nel 1917 e per iniziativa del generale Luigi Capello la pistola mitragliatrice, appaltata definitivamente alle Officine di Villar Perosa e marchiata da queste ultime, fu finalmente impiegata per azioni offensive portate avanti in particolare dagli Arditi e fu sottoposta ad importanti modifiche che la resero sempre più vicina ad un moderno fucile mitragliatore. Originariamente la OVP era un’arma binata, con due canne e due singoli caricatori di forma semilunata da 25 colpi ciascuno rivolti verso l’alto. Il manico era quello tipico a doppia maniglia delle mitragliatrici e poteva essere dotata di un bipiede. Per permettere la rapidità di trasporto e la prontezza al fuoco fu applicato all’arma un supporto a cinghia che passava attorno al collo del mitragliere e fu aggiunto un calcio in legno per agevolarne l’impugnatura, che rendeva l’arma della OVP esteticamente molto vicina ad un fucile più che ad una mitragliatrice leggera. La potenza di fuoco era da record: la cadenza di fuoco (teorica) era di ben 3.000 colpi/minuto, velocità che faceva esaurire i due caricatori in circa un secondo, risultando superiore ad ogni altra arma automatica in uso nella Grande Guerra. Non mancavano i difetti, come ad esempio la mancanza di un sistema di raffreddamento che imponeva lunghe pause. Verso la fine della guerra, nel 1918, una singola canna della Villar Perosa mod. 1915 fu impiegata fornita di calciolo e ribattezzata OVP 1918. Era il primo fucile mitragliatore italiano, dotato di selettore per colpo singolo o a raffica regolato da due distinti grilletti per le due cadenze di fuoco e caratterizzato da un calcio molto simile a quello del Carcano '91. Utilizzando lo stesso schema tecnico, la Beretta progettò il suo primo fucile mitragliatore, Il Moschetto Automatico Beretta 1918 o MAB/18, che fu utilizzato anch’esso dagli Arditi e in seguito durante la guerra d’Etiopia, affiancato più tardi dalla sua evoluzione, il Beretta MAB/38, che rimarrà in servizio fino agli anni Settanta in dotazione ad Esercito, Polizia e Arma dei Carabinieri. Sia la Villar Perosa che i MAB utilizzarono i proiettili Glisenti calibro 9mm, nati per utilizzo sulle pistole.
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